Matteo Parenzan in azione di rovescioMatteo Parenzan ha sempre avuto la precocità nelle sue corde. Vivrà la sua seconda Paralimpiade a 21 anni, essendo andato a Tokyo appena maggiorenne. Il suo percorso dal 2021 è stato a dir poco clamoroso e lo ha portato prima sul tetto del mondo a Granada nel 2022 e poi su quello d’Europa a Sheffield nel 2023.

Ciao Matteo, come stai?

«Direi che in fase di preparazione più di così non avrei potuto fare. Mi sono allenato a casa a Sgonico, al Kras, con Martina, Vanja e Katja Milic che mi dedicano moltissimo del loro tempo e mi considerano una loro priorità, nonostante tutte abbiano una famiglia. Devo veramente ringraziarle molto, allenarmi con loro mi è molto utile. Svolgo anche un lavoro tecnico e tattico molto importante con Marino Filipas, che da 5-6 anni mi sta dando una grandissima mano. Ci sono poi i momenti preziosi che trascorro al Centro di Lignano Sabbiadoro con i compagni con cui condivideremo la trasferta a Parigi e con il direttore tecnico Alessandro Arcigli e il resto dello staff. Ho la fortuna di essere circondato da persone molto competenti e che tengono a me».

Con Filipas, dove svolgete l’attività?

«A casa sua a Udine, grazie anche alla sua compagna, o a Isola, in Slovenia, dove ho dei buoni rapporti con la società, che mi permette di entrare in palestra e di allenarmi con i ragazzi e in particolar modo con Erik Paulin, sotto la supervisione di Marino».

Cosa ricordi della tua qualificazione a Tokyo?

«Fu difficilissima, quando andai a giocare il torneo a Lasko ero ancora minorenne. Ciò che mi portò ad arrivare fino in fondo fu di non pensare a cosa sarebbe successo se avessi vinto. Quell’evento è stato una vera a proprio “sliding door” nella mia carriera e mi ha permesso di trasformare in realtà quello che è il sogno di una vita per ogni atleta. Quella Paralimpiade per me non è poi andata bene e quel risultato negativo mi ha dato una motivazione incredibile per migliorare a 360 gradi il mio gioco».

Avevi subìto due sconfitte, ma non ritieni di avere avuto un sorteggio molto sfortunato?

«Con il senno di poi direi di sì, perché nel mio girone avevo perso contro lo statunitense Ian Seidenfeld e il danese Peter Rosenmeier, che si sono poi contesi il titolo in finale. Uscire nel girone mi aveva, però, fatto malissimo e l’avevo considerata come una grande batosta. Appena tornato a casa sono rientrato subito in palestra, perché volevo a tutti i costi riscattare quel risultato. Quella voglia di rifarmi era un bel segnale per me stesso e per chi mi stava a fianco. Il mio percorso era solo all’inizio e ci sarebbe stato un seguito diverso».

In effetti per te le Paralimpiadi, che per molti sono un punto di arrivo, sono state un trampolino di lancio.

«È vero, da Tokyo in poi ho subìto solo quattro sconfitte, due contro Rosenmeier, in Spagna e in Francia a marzo e a novembre 2023, una contro il romeno Bobi Simion a giugno 2022 e una contro l’inglese Robert Perry nel marzo scorso a Lignano».

A Tokyo la delusione agonistica era però stata seguita da una grande soddisfazione.

«Sono stato scelto come portabandiera dell’Italia alla cerimonia di chiusura ed è stata una grande sorpresa. Solitamente questo onore spetta a chi ha ottenuto dei grandi risultati durante la Paralimpiade e tutti ci aspettavamo che sarebbe toccato ad Ambra Sabatini. Per me, che ero il più giovane della spedizione azzurra, è stata una grande opportunità e non finirò mai di ringraziare il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli, per la fiducia che mi ha dato. Penso di averla ripagata a posteriori con gli obiettivi raggiunti».

Il Matteo di oggi è completamente diverso dal Matteo di allora?

«Sono cambiati moltissimi aspetti, tutti in positivo. Oggi mi sento molto più consapevole delle mie possibilità e del mio gioco, ma soprattutto dal punto di vista mentale. Vedo un ragazzo che non ha bruciato le tappe e anzi ha saputo crescere con continuità, imparando dalle sconfitte e cercando di non provare di nuovo quelle sensazioni negative. A Parigi entrerò in campo e giocherò subito gli ottavi di finale come se fossero la finale. Questi anni mi hanno trasmesso una maggiore solidità ai massimi livelli e insegnato l’importanza dell’approccio positivo alle competizioni. Punterò a una medaglia e partire bene sarà fondamentale».

Gli avversari ormai ti studiano e ti conoscono bene, cosa fai per proseguire nella tua crescita?

«Con le persone che mi stanno vicino abbiamo riguardato i vari video, per cercare di limitare i momenti di difficoltà. Ci stiamo allenando molto sulla varietà del mio servizio, con rotazioni diverse, per fare uscire gli avversari dalla loro comfort zone. In risposta sto puntando a essere più aggressivo e nel palleggio a commettere meno errori evitabili possibili e a mettere più palle in campo, per dare ai rivali una sensazione di solidità. Tutti devono sapere che per fare punto contro di me dovranno lottare».

A proposito di avversari, per te che sei il n. 2 in classe 6, quello da mettere nel mirino sarà il n. 1 Rosenmeier?

«Prima di mettere nel mirino lui dovrò arrivare in finale e dunque la prima preoccupazione riguarderà chi incontrerò negli ottavi e poi coloro che sono in classifica fra il n. 5 e il n. 8, che potrei trovare nei quarti. Se superassi i primi due turni, entrare in zona medaglie mi permetterebbe di giocare con uno spirito diverso».

Non sei solo un grande atleta, ma anche uno studente, come sta andando all’Università?

«Il 18 luglio ho sostenuto l’ultimo esame di Storia Contemporanea, che mi è piaciuto moltissimo, ma è stato molto lungo da preparare, abbracciando circa 300 anni in tutto il mondo. Sono felice di averlo superato prima di concentrarmi esclusivamente sulle Paralimpiadi. Sono a metà del percorso di laurea triennale di Scienze Politiche e dell’Amministrazione all’Università di Trieste e sto andando oltre le aspettative. Sono orgoglioso di riuscire a conciliare in modo così positivo questo impegno di studio con la mia carriera sportiva».

Ai Giochi di Parigi sarà anche la prima occasione in cui potrai puntare a una medaglia come portacolori del Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa?

«Vincere i Mondiali e gli Europei è stato fantastico, ma salire sul podio alle Paralimpiadi andrebbe oltre e sarebbe bellissimo riuscirci come atleta del Gruppo Sportivo, che mi ha voluto all’interno della famiglia, assieme all’elite dello sport italiano. Sento la responsabilità dentro di me, non la vivo però come una pressione. Sono onorato di rappresentare anche la Federazione, la mia società e Trieste, la mia città, e non mi nascondo le difficoltà. Alcuni dei miei avversari hanno il doppio dei miei anni e si sa quanto l’età sia importante. Farò il possibile per rendere tutti, compresa la famiglia, che è sempre stata un punto fermo nella mia vita, e gli amici, orgogliosi di me e, se non andrà come sperato, sarà stato comunque bello aver condiviso un’esperienza del genere tutti insieme».