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Carlotta Ragazzini e il presidente federale Renato Di NapoliGli ultimi dieci giorni di Carlotta Ragazzini (nella foto con il presidente federale Renato Di Napoli) sono stati a dir poco speciali, con il doppio titolo conquistato in quarta categoria ai Campionati Italiani di Riccione e la prima medaglia d’oro internazionale di singolare vinta in classe 3 al Para Open del Montenegro. Sono risultati che assumono un significato incredibile, se si pensa al 2021 complicatissimo che la 20enne faentina ha dovuto affrontare.

Complimenti Carlotta, questo 2022 può essere considerato una sorta di uscita dal tunnel?

«È certamente molto diverso dall’anno scorso. In generale, comunque, venivamo da due anni nei quali non avevamo mai giocato, per la pandemia, anche se ci eravamo sempre allenati. La mia ultima gara era stata a febbraio 2020 in Polonia. Avevo detto al il direttore tecnico Alessandro Arcigli che mi sembrava strano tornare a fare qualcosa alla quale forse non ero abituata neppure prima dell’emergenza sanitaria, perché non avevo così tanti tornei al mio attivo. Sono contenta che ora sto giocando molto e anche di come stiano andando le partite, perché i sacrifici che facciamo e l’impegno che profondiamo sono notevoli».

Ti va di tornare al 2021?

«Dal nulla, purtroppo, sono venuti fuori alcuni problemi di salute. Li ho avvertiti intorno a metà gennaio, quando ero a Lignano Sabbiadoro. I miei genitori sono venuti a prendermi e sono andata con loro a casa, convinta di tornare al Centro Tecnico la settimana successiva. Invece la prima volta che ho rivisto la palestra è stata ad agosto, quando sono stata per due giorni al Bella Italia Village, più che altro per salutare i miei compagni che erano in partenza per le Paralimpiadi di Tokyo. Quello è stato un periodo impegnativo, perché ho fatto mille esami e sono stata all’Istituto di riabilitazione di Montecatone, dove mi hanno seguito il primario del Day Hospital e responsabile delle attività sportive che si svolgono in Ospedale, Davide Villa, e la fisiatra Sandra China, che mi aveva già assistito durante il ricovero di qualche anno fa. Ho dovuto rifare il punto della situazione e sono andata avanti, non c’erano alternative».

Di cosa si è trattato?

«C’è stato un peggioramento della mia lesione midollare. Sono stata ricoverata in Day Hospital, perché fortunatamente abito vicino all’Unità Spinale e per sei mesi, fra esami e fisioterapia, ho fatto la spola con casa mia. Ho ricominciato a giocare durante l’estate e ad allenarmi seriamente a ottobre, quando è ripresa l’attività degli altri atleti che erano stati ai Giochi».

Hai dunque dovuto saltare il torneo di qualificazione paralimpica di Lasko?

«Mi ero preparata praticamente per un anno e non è stato facile rinunciare. Avevo fatto tutto nel modo giusto per andare in Slovenia e dare il massimo per conquistare il pass per Tokyo. Non so se ce l’avrei fatta. Nessuno stava giocando da due anni e tutto il mondo si stava allenando, senza la possibilità di avere un confronto con gli avversari. Mi sarebbe piaciuto esserci e una volta lì avrei dato tutto ciò che potessi. Non posso farmene una colpa o addossarla a qualcuno, semplicemente il destino aveva deciso diversamente. Peccato, non mancheranno comunque altre occasioni».

Mamma Stefania e papà Livio in quei momenti ti sono stati particolarmente vicini?

«In quel periodo non era facile starmi a fianco e i miei genitori e in generale la mia famiglia, i compagni di allenamento e lo staff mi hanno aiutato. Mamma e papà sono una presenza costante, è un po’ tutta la vita che ogni volta che ho trovato un equilibrio è successo qualcosa che mi ha rimescolato le carte e loro ci sono sempre stati».

Venendo al campo, i problemi di salute ti hanno indotto a effettuare una visita di riclassificazione?

«Si è svolta a marzo all’Open di Spagna e sono stata passata dalla classe 4 alla 3. Sarebbero cambiate tutte le avversarie e quel torneo mi è servito per iniziare ad ambientarmi e ad adattarmi nella nuova situazione. È stato tutto doppiamente particolare, rientrando alle gare dopo due anni. Quando però si riparte, tutto si rimette in moto. Non si dimentica ciò che si era imparato prima. Gli incontri disputati in Costa Brava mi avevano già dato delle buone sensazioni. Ero rientrata nel mondo nel quale mi piace stare».

Quali differenza hai riscontrato in classe 3 rispetto alla 4?

«Le avversarie giocano meno di forza e più negli angoli, utilizzando anche le palle corte. Ho dovuto rivedere i colpi che ero abituata a eseguire in un certo modo e fare anche i conti con le mie attuali condizioni fisiche. L’equilibrio è peggiorato e ho dovuto cambiare lo schienale e il cuscino della carrozzina. Non riesco più a giocare staccata dallo schienale e ho meno forza nel tronco. Ho anche dovuto mettere i blocchi alla carrozzina, perché non riuscivo più a gestirla. Il tempo per abituarsi a questi cambiamenti e farli diventare la normalità, però, non manca, dal momento che ci alleniamo moltissimo».

Anche nel successivo appuntamento all’Open di Lasko ci sono stati sostanziali progressi?

«Ho vissuto la grande emozione di affrontare la slovacca Alena Kanova, che è un autentico personaggio del tennistavolo paralimpico. Ha partecipato alla sua prima Paralimpiade e ha vinto una medaglia prima che io nascessi. Già solo giocarci contro è stato fantastico, aver anche avuto la possibilità di batterla nei quarti e di salire sul podio è stato incredibile. Ha grande esperienza e intelligenza. Era venuta qualche volta ad allenarsi a Lignano, quando io avevo appena iniziato, e Alessandro (Arcigli, ndr) me l’aveva presentata. Nell’ambiente paralimpico la conoscono tutti e da quel momento per me è stata un esempio cui guardare, come donna e come atleta».

L’ultima settimana e mezza, fra Riccione e Podgorica, è difficile da dimenticare?

«Sono stati giorni impegnativi e meravigliosi. Ho partecipato ai miei primi Campionati Italiani di Categoria soprattutto per giocare, era importante, come dice Alessandro, veder girare il segnapunti. Non mi sarei mai aspettata di vincere due titoli. Il doppio con Michela Brunelli è stata un’esperienza bellissima e ci siamo divertite molto. Anche Michi è un’atleta che giocava quando non ero ancora nata e sa sempre come approcciarsi ai compagni e alle partite. Nel singolare, nonostante fosse stata eliminata nel girone, è rimasta a tifare per me, è stata carinissima e alla fine del torneo era contenta come se avesse vinto lei».

Eppure nel girone avevi iniziato con una sconfitta.

«Ho cercato di non pensarci e mi sono concentrata sulle successive due partite. Anche in tabellone mi sono focalizzata su un incontro alla volta ed è stato bello arrivare fino in fondo. Nella finale ho ceduto il primo set, perché Chiara Daverio è molto brava. Durante il cambio di campo con Federico Pollino, che mi ha seguito in panchina abbiamo trovato la chiave per ribaltare la situazione. Chiara mi aveva messo in difficoltà con il servizio e ho cercato soprattutto di migliorare la qualità della risposta».

Dopo Riccione non hai avuto molto tempo per recuperare le energie?

«La sera del lunedì sono tornata a casa, dove sono rimasta martedì. Mercoledì alle 2 della notte mi sono svegliata per andare in aeroporto a prendere il volo per il Montenegro. Una volta in gara non ho sentito la stanchezza».

Infatti hai compiuto l’impresa di superare la croata Andela Muzinic, n. 3 del ranking mondiale …

«L’avevo affrontata in classe 3 quest’anno in Spagna e precedentemente in competizioni a squadre e aveva sempre prevalso lei, anche se le sfide erano state tirate. Muzinic è forte, si muove bene, attacca e sa gestire le situazioni. Se riesce a imporre il suo gioco fronteggiarla diventa quasi impossibile. Ho fatto in modo che non fosse lei a decidere cosa fare, minando un tal modo le sue certezze. Il primo set è finito in modo netto sull’11-2, mentre nel secondo c’è stata battaglia e mi sono imposta per 11-8. Nel terzo ho mancato due match-point e le ho annullato una palla set. Lei stava prendendo fiducia e dovevo chiudere in un modo o nell’altro. Ce l’ho fatta alla terza opportunità e ho colto la vittoria più importante della mia carriera».

Quanta consapevolezza trasmettono risultati del genere?

«Moltissima, non fanno però dimenticare che il lavoro da fare è ancora enorme su tutti fronti».

I Mondiali di Granada sono il grande obiettivo dell’anno?

«Spero di qualificarmi e farò il possibile per comportarmi al meglio. Il prossimo evento internazionale sarà, però, il Para Open di Repubblica Ceca a Ostrava a fine giugno, subito dopo andrò ai Giochi Europei Paralimpici Giovanili di Pajulahti, in Finlandia. Nel 2019, nella stessa località, mi sono aggiudicata la medaglia d’oro nel singolare, oltre all’argento a squadre, e vorrei tanto confermare il titolo. Prima di tutto ciò, a Rimini avremo i Campionati Italiani e in classe 3 per la prima volta incontrerò Michela Brunelli che, assieme a Giada Rossi, è sempre stata la mia atleta di riferimento».