Il bronzo di Rio Amine Kalem:«A Tokyo rispetterò tutti e non temerò nessuno»
- Pubblicato: 17 Agosto 2021
La seconda volta alle Paralimpiadi di Amine Kalem sarà inconfrontabile con la prima vissuta a Rio, rincorsa dopo aver ricevuto la cittadinanza italiana e raggiunta dopo la rinuncia di un atleta francese, per poi coronare il sogno del bronzo. Ora il 39enne di origini tunisine è stabilmente ai vertici della classe 9 e occupa il 6° posto. Già a marzo del 2020, grazie al ranking, ha avuto la garanzia di gareggiare a Tokyo.
Ciao Amine, sei pronto alla battaglia?
«Mi sento bene, nell’ultimo periodo ho intensificato gli allenamenti, trascorrendo un mese al Cus Torino, con Romualdo Manna, e uno al Centro Federale di Lignano Sabbiadoro. Ho lavorato la prima settimana con Luca Bressan, la seconda ancora con Manna e le ultime due con lo sloveno Erik Paulin».
Hai cambiato qualcosa dal punto di vista del gioco?
«Sul fronte dei materiali, continuo ad adottare una gomma liscia sul diritto e un antitop sul rovescio. Girare spesso la racchetta mi permette di non dare punti di riferimento. La matrice del mio gioco rimane quella dell’attaccante, sempre vicino al tavolo, cerando di mettere pressione agli avversari. Stiamo lavorando anche sui servizi, con diverse traiettorie ed effetti, per acquisire solidità nel colpo e avere delle varianti che impediscano agli altri di abituarsi».
Cosa ti ha lasciato l’esperienza di Rio?
«Non sentivo gli occhi addosso, perché non ero molto conosciuto, e ho potuto giocare molto tranquillo. A Tokyo in parecchi mi metteranno nel mirino e il mio compito sarà più difficile. Rimango comunque fiducioso e ritengo di essere tornato ai livelli del 2019 e del 2020, che mi hanno consentito di qualificarmi. Ho puntato molto sulla preparazione fisica e mi sento in ottima forma. Rispetto a Rio ho anche subìto l’intervento per l’impianto della protesi al ginocchio sinistro, che mi ha risolto il problema del dolore».
A posteriori, ritieni che sia stata una buona scelta quella di giocare la serie A1 con il TT Vigevano Sport?
«Assolutamente sì, anche se ho perso tutte le partite. Era un’esperienza che non avevo mai fatto e volevo provarla. Si è rivelata una scelta giusta, anche perché il Tennistavolo Romagnano l’anno scorso non ha avuto la palestra e non avrei saputo dove allenarmi. Dalle partite ho imparato molto sia tecnicamente sia tatticamente. Quando incontri i più forti hai soltanto da apprendere, a prescindere dal risultato, e ti rendi conto di quali siano gli aspetti che fanno soprattutto la differenza. Fisicamente gli atleti di A1 sono molto allenati e sbagliano pochissimo, rispondono bene e variano molto il gioco. Ho disputato anche delle ottime gare, come quella contro il nigeriano Makanjuola Kazeem, che stavo vincendo per 2-1 e alla fine ho perso alla “bella”. Avrei potuto portarla a casa. Ho giocato bene anche contro Marco Cappuccio, Andrea Puppo e Romualdo Manna.
Cosa ti è mancato?
«Un po’ la forma fisica, a Vigevano mi allenavo soltanto due volte alla settimana. Spesso mi hanno fatto difetto anche la lucidità e la concentrazione, arrivavo vicino al punto e non lo chiudevo. In questo momento sono errori che non commetterei, perché sono più preparato. La A1 è stata insomma un’esperienza formativa, che mi ha costretto a interrogarmi su cosa fare per migliorare il mio rendimento».
Ora hai deciso di tornare al Romagnano?
«Mi hanno fatto una buona proposta e l’ho accettata volentieri. Romagnano è casa mia e l’ambiente è ottimo. Disputerò la B2 con Giacomo Rondi, Elia Bonetti e Andrea Guidi e come tecnico seguirò i ragazzini che stanno crescendo».
A Tokyo quanti sarete in classe 9?
«Saremo quattrodici e avremo due gironi da quattro e due da tre. Essendo il numero 6, sarò il secondo del mio gruppo. Avrò davanti uno fra il belga Laurens Devos, l’ucraino Ivan Mai, l’australiano Ma Lin e l’altro ucraino Lev Kats. Sono tutti forti e tutti da rispettare. Io, però, non ho timore di nessuno e dunque non ho alcuna preferenza. Sono stato medagliato a Rio e punto in alto, perché questo atteggiamento mi stimola a dare il massimo. Confermare il podio potrebbe essere l’obiettivo. Se non si è ambiziosi è inutile andare alle Paralimpiadi. Vorrò uscire dal campo consapevole di avere dato tutto. Se alla fine non ce l’avrò fatta, non avrò nulla da rimproverarmi».
Il favorito è Devos?
«È il campione uscente e dal 2015 in poi ha vinto anche tre Europei e il Mondiale del 2018. Vedo bene anche Ma Lin e il giapponese Koyo Iwabuchi è in crescita. Ci sono poi il cinese Zhao Yi Qing, lo spagnolo Juan Bautista Perez Gonzalez, il nigeriano Tajudeen Agunbiade e lo statunitense Tahl Leibovitz. Penso che il livello sia superiore a cinque anni fa. Sono tutti molto allenati e vincerà chi sarà più solido mentalmente».
Farai squadra in classe 9-10 con Matteo Parenzan?
«Matteo ha tutto per diventare un campione, la testa, la grinta e la voglia di vincere. Farà grandi cose. Prima che giocasse il Torneo Mondiale di Qualificazione di Lasko, avevo mandato un messaggio a Lorenzo Cordua, in cui scrivevo che sarebbe andato a Tokyo. Ho fiducia in lui, è un ragazzo intelligente, che ascolta molto. So che per noi sarà durissima, perché incontreremo tutti i classe 10, però ci proveremo. Prima entrambi penseremo al singolare, poi ci concentreremo sul team».