Andrea Borgato per la terza volta ai Giochi:«A Tokyo sarò ambizioso»
- Pubblicato: 15 Agosto 2021
È già stato a Londra e a Rio e a Tokyo farà tripletta alle Paralimpiadi in classe 1. Il 48enne Andrea Borgato, padovano di nascita e residenza e rodigino di formazione, è stato campione mondiale a squadre con Federico Falco e bronzo iridato in singolare, ai Giochi, però, è ancora a caccia di una medaglia.
Ciao Andrea, cosa ricordi di quando a marzo 2020 eri già qualificato e il rinvio della manifestazione vi ha costretto a rivedere un po’ i programmi?
«Indubbiamente lo spostamento è stato un brutto colpo, dopo aver effettuato una programmazione quadriennale mirata ad arrivare al massimo della forma ad agosto dell’anno scorso e senza avere la garanzia che l’evento sarebbe stato organizzato nel 2021. Un po’ tutti abbiamo cercato di vivere questa situazione come un’opportunità di allenarci un anno in più e prepararci ancora meglio. Per quanto mi riguarda ho decisamente incrementato la quantità di allenamento, quando questo è stato possibile.
E nel corso del lockdown?
«Anche durante il periodo di totale chiusura, per non restare inattivi, abbiamo concordato, con il supporto del direttore tecnico Alessandro Arciglio e soprattutto del tecnico Donato Gallo, delle sedute in streaming di preparazione atletica e questo aspetto ha portato notevoli benefici dal punto di vista della resistenza allo sforzo, della stabilità e dell’equilibrio del corpo».
Quanto è aumentato il tuo impegno in palestra?
«Prima dell’ultimo anno ero al Centro Federale in media una decina di giorni al mese e per il resto mi allenavo a casa con il mio coach personale Manuel Crivellaro. Nell’ultimo anno ho incrementato a 15 giorni la permanenza a Lignano e negli ultimi mesi anche a 20 giorni. Mi sono imposto un maggior lavoro al tavolo e i risultati secondo me si vedono dal punto di vista della qualità che riesco a esprimere durante le sessioni e che mi auguro di trasferire anche in gara».
Hai modificato il tuo materiale di riferimento?
«Ho cambiato le due gomme lisce e ora utilizzo la Aibiss della Butterfly, che mi garantisce più velocità, pur mantenendo un notevole controllo. Il mio gioco è prevalentemente quello di piazzare la palla, con traiettorie alte e a uscire sia dalla parte del diritto sia del rovescio sia dal centro. Ho aumentato il lavoro sulla capacità di scambiare, anche in modo aggressivo, sempre però propedeutico alla piazzata, vicino alla rete, a uscire o con effetti a tornare indietro. Complessivamente sono dunque più pronto e più attivo a fronteggiare il gioco dell’avversario e questo aspetto mi permette anche di avere palle più comode da piazzare. Per non parlare del tempo che dedichiamo al servizio, che mi permette di acquisire maggiore sicurezza su un colpo che nella nostra classe è molto importante, perché se sbagliato può rivelarsi un punto perso».
Ai Campionati Italiani di Cadelbosco avevi già potuto verificare i tuoi progressi?
«Certamente sì e anche in finale contro Federico Falco la mia vittoria, dopo aver perso il primo set ed essere stato in svantaggio netto nel secondo, era arrivata per merito di un’intensificazione del ritmo e di una condotta più propositiva. Ho conquistato molti punti con palle piazzate, ma che erano state costruite con iniziative efficaci».
Che ricordi ti hanno lasciato le due precedenti esperienze alle Paralimpiadi?
«A Londra ho perso tutte le partite. Ho forse dato meno di quanto potessi, ma tutto sommato il mio livello era quello. Nel girone passava soltanto il primo e avevo due avversari al di fuori della mia portata come l’inglese Paul Davies, che proprio in quella edizione sarebbe arrivato terzo, e l’austriaco Andreas Vevera, che era stato oro a Pechino e per due volte campione europeo. L’atmosfera era molto bella e l’organizzazione ottima. Era stata una bella presa di coscienza del livello altissimo che regna in una manifestazione del genere».
E a Rio?
«È andata molto meglio, almeno dal punto di vista delle prestazioni. Ho battuto lo svizzero Sylvio Keller e ho ceduto per 3-2 al britannico Robert Davies, che poi avrebbe vinto l’oro. Sono passato al tabellone come secondo e nei quarti mi ha battuto per 3-0 il coreano Joo Young Dae, che poi avrebbe raggiunto la finale. Insomma nel complesso ho perso contro i primi due. A squadre invece ero con Peppe Vella, come a Londra, in entrambe le occasioni, però essendo in classe 1-2, mi confrontavo con atleti di classi superiori. Sarà la stessa situazione che troveremo a Tokyo io e Federico Falco. A mio parere è giusto partecipare e onorare l’impegno, essendoci qualificati. Contro la Francia o la Corea non avremo nulla da perdere e cercheremo di divertirci».
In singolare sarai invece ambizioso?
«Rispetto a Rio sono cresciuto e più consapevole. Dopo il 2016 con Federico siamo diventati campioni mondiali a squadre, mi sono imposto in altri tornei e ho portato a casa dei bei match, battendo gente forte. Andrò a Tokyo per vincere un incontro dopo l’altro e per dare sempre il massimo. Alla fine faremo i conti. Saremo dodici, suddivisi in quattro gironi da tre, con i primi due che accederanno al tabellone. Io sarò in seconda fascia e avrò davanti a me una testa di serie».
Chi sono i tuoi favoriti?
«I tre coreani e l’inglese Robert Davies, poi vedo l’ungherese Endre Major e, dal punto di vista tecnico e atletico, l’altro britannico Thomas Matthews, che forse di testa è un po’ più fragile degli altri. Più o meno alla pari sua siamo io e Federico. In crescita è il russo Dmitry Lavrov e un’incognita è il cubano Yunier Fernandez Izquierdo, che ha primeggiato ai Campionati Panamericani. Posso dire che in questi ultimi sette-otto anni si sono ritirati un tedesco, un austriaco, un francese, due coreani e Paul Davies, sei giocatori di un livello elevatissimo, e secondo me, nonostante ciò, quella di Tokyo sarà la Paralimpiade con il tasso tecnico più alto fra quelle alle quali ho partecipato».
Guardandoti indietro, ci sono persone che vorresti ringraziare per la carriera che stai facendo?
«Senza dubbio mia mamma Mary e mia sorella Cristina, il mio vecchio allenatore Giovanni Bruttomesso, che mi ha insegnato a giocare e purtroppo non è più con noi, il tecnico attuale Manuel Crivellaro e tutto lo staff della Nazionale, comprensivo di sparring, infermieri e fisioterapista».