Federico Falco e le molte novità in vista di Tokyo 2020
- Pubblicato: 13 Agosto 2021
È il numero 9 del ranking mondiale di classe 1 e, dopo essere stato nel 2017 campione mondiale a squadre con Andrea Borgato e medaglia di bronzo in singolare agli Europei, il 27enne veronese Federico Falco vivrà a Tokyo il suo esordio alle Paralimpiadi.
Ciao Federico, a fine marzo 2020 eri già qualificato ai Giochi, poi ci ha messo lo zampino il Covid-19 …
«Le Paralimpiadi sono state rinviate, ma all’inizio non si aveva ancora la certezza che si sarebbero svolte a un anno di distanza. Dai primi mesi del 2021, quando la data si avvicinava e le possibilità di cancellazione si allontanavano, ho vissuto il percorso di preparazione con maggiore concentrazione durante gli allenamenti. Non ho mai sentito un’ansia particolare, perché a Tokyo non sarò fra i favoriti assoluti. Non avverto agitazione, piuttosto una grande voglia di fare bene e di provare a mettere i bastoni fra le ruote agli atleti che hanno qualcosa più di me, sia come esperienza sia come bagaglio di medaglie alle spalle».
L’assenza di gare vi ha permesso di allenarvi in modo diverso dal solito?
«Non avendo l’assillo delle competizioni, abbiamo potuto portare avanti un lavoro più a lungo termine, che ci ha permesso di concentrarci con grande attenzione sugli aspetti tecnici e tattici. Per quanto mi riguarda, il molto tempo a disposizione è stato utile per portare a compimento un sostanziale cambiamento di materiali e aumentare la gamma dei colpi presenti nel mio repertorio».
A cosa ti riferisci?
«Prima giocavo con due gomme lisce e un telaio più grande e più lento, mentre da giugno dell’anno scorso ho una puntinata lunga sul diritto, una gomma liscia più veloce sul rovescio e un telaio più piccolo e più elastico. Ovviamente sul diritto abbiamo reimpostato la tecnica, mentre sul rovescio abbiamo aggiunto qualche variante».
Cosa ha innescato questa piccola rivoluzione?
«Soprattutto nell’ultimo anno soffrivo molto il gioco che mi veniva proposto dagli avversari sul diritto, perché faticavo a gestire la pallina. Considerato il tipo di movimento al quale sono costretto, a causa della mia disabilità, e il tempo ampio a disposizione, abbiamo valutato, con il direttore tecnico Alessandro Arcigli, di apportare subito queste variazioni radicali, invece di aspettare il dopo Tokyo. Trascorsi i primi mesi, abbiamo visto che i risultati erano positivi e abbiamo deciso di continuare in questa direzione».
Inizialmente hai incontrato delle difficoltà ad adattarti alle novità?
«In realtà pensavamo che i problemi di ambientamento fossero maggiori e invece mi sono abituato piuttosto velocemente. Le maggiori criticità da fronteggiare sono il tempo che bisogna avere sulla pallina, che è diverso rispetto a quando utilizzavo la liscia, e il tipo di movimento, perché ora devo colpire la pallina diversamente».
Ora dunque il tuo diritto com’è rispetto a prima?
«Mi sento più sicuro e ritengo di riuscire a gestire meglio le mie difficoltà, risultando anche meno falloso, e, allo stesso tempo, a creare maggiori insidie ai miei avversari, anche se mi manca ancora la prova del campo».
Venendo al rovescio?
«La gomma liscia nuova è un po’ più elastica e reattiva e imprime molto più effetto alla palla, a parità di controllo. Anche in questo caso, penso di essere più incisivo».
Dal punto di vista dei colpi, come si è completato il tuo repertorio?
«Con Alessandro, Donato Gallo e gli altri collaboratori abbiamo deciso di concentrarci su una varietà minore, ma più efficace, di servizi. Per quanto riguarda il rovescio abbiamo lavorato per essere più consistente sullo scambio e più preciso sulle alzate, cercando anche di variare la loro profondità, l’altezza e la velocità, per essere più imprevedibile e non dare all’avversario la possibilità di adattarsi. I pallonetti sono un po’ il marchio di fabbrica della nostra classe»
Come ti immagini l’esordio in un contesto di grande prestigio come una Paralimpiade?
«Mi dispiace per l’assenza del pubblico, anche perché in condizioni normali, in un Paese come il Giappone, in cui il tennistavolo è uno sport nazionale, l’esperienza sarebbe stata speciale. Anche così, però, i Giochi rimangono il massimo obiettivo di qualsiasi atleta ed esserci è la concretizzazione di un sogno. Sarò un po’ emozionato, è impossibile restare indifferenti di fronte a un palcoscenico del genere, ma non perderò la mia serenità. Ho comunque alle spalle due Mondiali e tre Europei e so che l’emozione si avverte soprattutto prima della gara e imparare a gestirla può fare la differenza. Quando si entra in campo e si giocano le prime palline bisogna essere in grado di trasformarla in grinta e concentrazione».
Non sarai fra i favoriti, ma sei stato capace di conquistare il bronzo agli Europei e di arrivare ad avere due match-point per entrare in semifinale anche ai Mondiali.
«Spero che quelle esperienze mi aiutino a gestire al meglio le difficoltà alle quali andrò incontro a Tokyo, per uscirne nel modo migliore possibile».
Le incognite connesse alla mancanza di gare internazionali per lungo tempo pensi che possano creare delle sorprese?
«Tutti saremo diversi rispetto a come ci eravamo lasciati nell’ultimo torneo prima del blocco dell’attività, perché nel frattempo ognuno avrà lavorato sodo e nessuno ha potuto verificare i miglioramenti degli avversari. Lo faremo solo a Tokyo. A prescindere da tutto, a mio parere i favoriti rimarranno i tre coreani Joo Young Dae, Nam Kiwon e Kim Hyeon Uk, che in questi anni hanno dimostrato di esserci sempre, e l’inglese Robert Davies, che ha vinto a Rio 2016 e cercherà di confermarsi».
E tu e Andrea Borgato?
«Chiaramente, dopo esserci qualificati, andremo a Tokyo per provare a portare a casa qualcosa».
Come vedi la competizione a squadre?
«Molto complicata, perché la classe 1 sarà accorpata alla 2. Saremo il penultimo team del ranking e dunque ci capiterà uno dei primi due, la Francia o la Corea di classe 2, che hanno ottenuto l’oro e l’argento a Rio».