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Azzurri ai Campionati Europei paralimpici 2019Metodologia e professionalità sono i principali ingredienti degli allenamenti che la Nazionale paralimpica (nella foto di archivio agli Europei del 2019) sta svolgendo al Centro Federale di Lignano Sabbiadoro. L'obiettivo è chiaro, andare a caccia dell'oro alle Paralimpiadi di Tokyo del prossimo anno, dopo averlo sfiorato in più riprese nelle ultime tre edizioni della manifestazione. Alla testa, affiancato dal suo braccio destro Donato Gallo, c'è il 52enne direttore tecnico Alessandro Arcigli.

Alessandro, cosa si prova a essere un simbolo per il movimento paralimpico italiano e anche internazionale?

«Non esageriamo, ricordiamoci sempre che in campo vanno gli atleti e dunque il merito dei risultati che conquistano è in gran parte loro. È chiaro, però, che io e lo staff che mi assiste, composto da Donato e dagli sparring e tecnici Massimo Pischiutti e Vladislav Sorbalo, facciamo il possibile per aiutarli a ottenere il massimo dalle loro qualità, con un lavoro scrupoloso, che non lascia nulla al caso. Alle Olimpiadi di Atlanta 1996 ho guidato la Nazionale femminile e dal 2005 tutta la mia attenzione è stata catalizzata dai Giochi Paralimpici».

Dunque andrete a Tokyo  per l'oro? 

«Vorremmo vincere quell’oro che ci è sempre sfuggito. Sarebbe una medaglia che coronerebbe una vita di sacrifici da parte di tutti noi. È un grande sogno, ma in primis dobbiamo pensare a incrementare il nostro medagliere con qualsiasi colore. Poi, ovviamente, il gradino più alto del podio sarebbe meraviglioso. Di sicuro, però, non saremmo delusi da argento e bronzo: lavoriamo per il massimo e saremmo lieti di accontentarci».

Intanto due ori sono arrivati ai Mondiali a squadre del 2017 ...

«Quella fu una grande esperienza, perché avevamo portato otto atleti e sei sono finiti in medaglia e due si sono piazzati quinti. Abbiamo interpretato quei successi come la testimonianza della crescita del nostro movimento».

Quali sono i perché dei miglioramenti?

«In primis c’è la grande professionalità dei nostri atleti. Non saranno professionisti dal punto di vista dei guadagni, ma ho sempre chiesto loro di essere professionali: tutti si allenano almeno 6 ore al giorno. Poi c’è il grande appoggio della FITeT che, oltre agli allenamenti ci ha consentito di creare un centro paralimpico residenziale per la nostra nazionale già dal 2018. Infine si è creato un gruppo molto unito, pronto a superare i limiti senza farsi abbattere dalle difficoltà».

Facciamo un esempio?

«Michela Brunelli, unica pongista azzurra sempre convocata dal 2005 a oggi, argento a squadre in carrozzina dodici anni fa a Pechino, a Londra ha perso il bronzo in team dopo essere stata in vantaggio per 2-0, finendo beffardamente sotto per 3-2. Quattro anni di allenamenti e a Rio ci siamo trovati nuovamente in finale per il terzo posto, sempre con la stessa compagine. Siamo saliti sull'1-0 con il doppio e ancora una volta siamo stati rimontati e superati per 2-1, vedendo sfumare la medaglia. Michela cosa ha fatto dopo due delusioni così grandi? Si è avvicinata alla panchina e ci ha detto:“Ci rifaremo l’anno prossimo”».

In effetti è stata di parola ...

«È proprio vero, ai Mondiali a squadre con Giada Rossi ha sbaragliato la concorrenza. E che dire del 2019? Il suo percorso in classe 3 è stato fantastico. Ha concluso all'ottavo posto ed è rientrata tra le sei qualificate in virtù del ranking internazionale, grazie alla presenza in classifica di due campionesse continentali, che sono qualificate di diritto. All'inizio dell'anno sapevamo che i posti disponibili sarebbero stati solo due, in quanto ben quattro atlete (tre asiatiche e la croata Muzinic) erano irraggiungibili. Michela ci ha creduto e in sei mesi, anche grazie all'argento agli Europei di Hensingborg, in Svezia, tornando sul podio continentale dopo 14 anni, ha scalato la graduatoria, passando dal tredicesimo posto di settembre 2019 all'ottavo attuale. Permettimi, però, una considerazione».

Quale?

«I ricordi sono belli, ma il futuro resta in primo piano. Ad aprile 2021 disputeremo a Lako, in Slovenia, l’ultimo torneo che qualificherà altri atleti alle Paralimpiadi. Per questo abbiamo convocato cinque pongisti, non vogliamo lasciare nulla d’intentato. Dopo aver avuto la garanzia dell'ammissione a Tokyo di Federico Falco, Andrea Borgato, Giada Rossi, Michela Brunelli e Amine Kalem, adesso vogliamo che si giochino le loro carte l’esperto Federico Crosara e i giovanissimi Matteo Parenzan, Matteo Orsi, Lorenzo Cordua e Carlotta Ragazzini, che nell'ultimo anno hanno avuto un'impennata nelle classifiche internazionali e sono fra i migliori al mondo nelle rispettive classi».

Quanto è importante il sostegno della Federazione?

«Il presidente Renato Di Napoli e il Consiglio Federale hanno creduto e credono nella bontà del nostro impegno e lo dimostrano con la concretezza delle loro azioni, noi siamo felicissimi di ripagare la fiducia con i fatti. Il tutto mentre la base dei tesserati ha superato quota 400, un numero impensabile un decennio fa».

Qual è, dunque, il messaggio di tutto ciò che fate?

 «L’attività sportiva paralimpica ha una rilevante funzione riabilitativa e sociale, ma anche tecnica e agonistica. Se vogliamo correre per dimagrire non lo faremo mai: un giorno ci sarà freddo, un altro pioverà e così via. Se invece vogliamo correre per vincere una gara, tutti i giorni saremo in pista o in strada. Lo stesso vale per gli atleti con disabilità».