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Michela Brunelli sul podio ai Campionati Europei 2019Con un  2019 ricco di soddisfazioni, prima fra tutte il ritorno sul podio in singolare ai Campionati Europei a distanza di 14 anni, e un ottimo inizio di 2020, ha conquistato la qualificazione alla quarta Paralimpiade consecutiva della sua carriera. Michela Brunelli è l'atleta azzurra in attività con la maggiore esperienza e continua a mietere risultati, in nome di una passione e di un desiderio d'impegnarsi tutti i giorni che ne fanno un vero esempio virtuoso. Si è sempre spesa per il momento e da un quadriennio a questa parte lo sta facendo anche nelle vesti di consigliere federale.

Ciao Michela, che ne diresti di ripercorrere le tue partecipazioni ai Giochi?

«Lo faccio molto volentieri, sono stati momenti indimenticabili dei miei oltre 20 anni trascorsi in giro per il mondo».

Partiamo dunque da Pechino 2008, nel Paese di riferimento del tennistavolo?

«Fu un'edizione che segnò un po' una svolta, dopo di essa nulla nel nostro sport sarebbe stato lo stesso. È iniziato in quell'occasione il fenomeno di ampliamento nel numero di nazioni in cui si giocava a tennistavolo e il livello di professionalizzazione, e di conseguente competitività complessiva, è andato gradualmente e costantemente crescendo. Ricordo che anche in termini di attenzione nei nostri confronti, rimasi piacevolmente sorpresa».

In che senso?

«L'organizzazione era perfetta, le televisioni trasmettevano le nostre gare e l'afflusso di appassionati che pagavano e venivano a seguirci era veramente massiccio. Anche al di fuori del Palazzetto la gente ci fermava e ci chiedeva gli autografi e di farsi le foto con noi. Ci facevano sentire delle stelle dello sport internazionale e questa considerazione per noi era molto gratificante».

Hai iniziato con il botto, vincendo subito una medaglia?

«Abbiamo ottenuto l'argento a squadre di classe 1-3 con Federica Cudia, Clara Podda e Pamela Pezzutto. In semifinale abbiamo battuto la Gran Bretagna di Dzaier Neil e Catherine Mitton e in finale ci siamo trovate di fronte le padrone di casa cinesi, che si sono imposte per 3-1. Avevamo cominciato con il mio 3-1 su Liu Jing, poi le avversarie avevano preso il sopravvento, sospinte dal tifo indiavolato del loro pubblico. Quella sconfitta contro le più forti valeva quasi come un oro».

Anche in singolare di classe 3 non te la cavasti male.

«Mi sono classificata prima nel girone e in semifinale ho ceduto per 3-1 alla slovacca Alena Kanova, un'avversaria molto ostica per me anche mentalmente. Adotta l'antitop e lo sa usare molto bene. Allora non avevo molta esperienza contro queste gomme, successivamente sono anche riuscita a batterla. Nella finale per il terzo e il quarto posto ho perso per 3-0 contro la slovena Mateja Pintar. Ora non gioca più, ma allora era la campionessa in carica, essendosi imposta ad Atene nel 2004. Era un'atleta che era sempre sulla palla e non sbagliava mai. Complessivamente penso di aver dato il massimo».

A Londra le "bestie nere" sono state le britanniche?

«A squadre in classe 1-3 ero con Pezzutto e Podda. Abbiamo superato nei quarti l'Irlanda per 3-0 e in semifinale siamo state sconfitte per 3-0 dalla Cina. Nella finale per il bronzo abbiamo incontrato le beniamine locali inglesi e il sostegno da parte degli spettatori era tutto a loro favore».

Nonostante ciò eravate partite bene.

«Con il 3-1 mio su Jane Campbell e di Pamela su Sara Head ci eravamo portate sul 2-0. Poi abbiamo invertito gli incroci e c'è stato il recupero loro, con il 3-1 di Head su di me e il 3-0 di Campbell su Pezzutto. Si è deciso tutto nel doppio, che per noi hanno disputato Pamela e Clara. Avanti per 2-1, sono state rimontate e sopravanzate alla "bella". La medaglia ci è sfuggita di mano. Li per lì c'è stato un po' di amaro in bocca, che, però, dopo il ritorno a casa, mi ha dato la carica per riprovarci».

La Head ti era già stata fatale in singolare.

«Sì, nel girone si era affermata per 3-2, piazzandosi davanti a me e passando in tabellone al posto mio. La Head in quell'anno giocava molto bene e le inglesi avevano preparato alla perfezione le Paralimpiadi casalinghe, inaugurando la collaborazione con il tecnico sloveno Gorazd Vecko».

La rivincita contro la Gran Bretagna è arrivata a Rio 2016, vero?

«La squadra era composta anche da Giada Rossi e da Clara Podda. Nei quarti a squadre con Giada abbiamo prevalso per 2-1, perdendo il doppio per 3-0 e ribaltando la situazione con i singolari, grazie al mio 3-1 su Head e al 3-1 di Giada su Campbell. Head è una ragazza possente, abile a coprire bene il tavolo e ad attaccare. C'era molto equilibrio fra di noi e quella volta sono stata felice di aver avuto la meglio».

Le emozioni non erano ancora finite?

«È vero, dopo la sconfitta netta in semifinale a opera della solita Cina, abbiamo conteso il terzo posto alla Corea. Eravamo consapevoli di potercela fare e le nostre ambizioni sono state suffragate dal punto del doppio, portato a casa con il punteggio di 3-2. Le asiatiche hanno pareggiato e sull'1-1 c'è stata la mia sfida contro Seo Su Yeon, pongista di classe 2 e dunque inferiore alla mia. Tutto stava filando liscio e, utilizzando molto i miei tagli, stavo conducendo per 2-0. Nel terzo set questa tattica non ha più funzionato allo stesso modo, non riuscivo a fare la differenza. La coreana ha dimezzato le distanze di misura e a poco a poco ha portato l'inerzia del match dalla sua parte».

Alla fine eri molto delusa?

«Ero anche dispiaciuta, perché sentivo la responsabilità della vittoria sulle mie spalle. Perdere una medaglia paralimpica così non accade tutti i giorni. Quella sconfitta è stata veramente difficile da digerire e il direttore tecnico Alessandro Arcigli, il tecnico Donato Gallo e le compagne mi sono stati vicini, per aiutarmi a metabolizzarla».

Cosa ti ha lasciato la gara di singolare?

«Soprattutto il bellissimo successo per 3-2 sulla croata Andela Muzinic. Quella è stata una delle partite in cui ho tenuto meglio psicologicamente fino all'ultimo punto. Al quinto set ho cambiato campo indietro per 5-2 e alla ripresa del gioco ho messo a segno otto punto punti consecutivi, guadagnandomi cinque match-point e chiudendo al secondo. Ho poi vinto il girone e in tabellone sono stata esentata dal primo turno. Nei quarti la coreana Yoon Jiyu mi ha impedito l'accesso alle semifinali».

Alla Muzinic è legato anche il ricordo migliore degli ultimi Europei?

«Quella della semifinale è stata un'altra ottima prestazione. Alla "bella", a differenza di Rio sono scattata avanti 6-2 e ho conservato il margine, anche se sul 10-5 ho dovuto aspettare la quarta palla match per approdare in finale. Anche nel match conclusivo ho lottato fino al termine contro la favorita svedese Anna-Carin Ahlquist. L'argento continentale, oltre al bronzo a squadre con Giada, mi è servito per la qualificazione olimpica, ma a darmi la spinta decisiva sono stati i risultati successivi, come il secondo posto individuale e l'oro a squadre con Carlotta Ragazzini all'Open di Polonia di febbraio 2020».

Venendo ai Giochi di Tokyo, avresti preferito giocarli quest'anno?

«Ci stavamo allenando al meglio e saremmo arrivati preparati al 100% all'appuntamento. La sospensione dell'attività, però, ha rimescolato tutte le carte e questo stop avrebbe compromesso l'avvicinamento alla Paralimpiadi da parte di tutti i Paesi, sotto l'aspetto fisico e mentale. A questo punto, il posticipo al prossimo anno è stata la soluzione più giusta. In questo modo avremo il tempo per prepararci come un grande evento del genere merita».

Vorresti tornare ad allenarti al tavolo?

«Dal 4 maggio dovrebbe essere consentita la ripresa agli atleti d'interesse nazionale. Noi potremmo organizzarci individualmente. Personalmente in garage ho il tavolo, con il tappeto regolamentare sotto e lo spazio a disposizione per muovermi bene. Per ripartire mi mancherebbe soltanto un tecnico con cui giocare e parecchi compagni di Nazionale sono attrezzati allo stesso modo».

Come consigliere federale, hai approvato la decisione di sospendere tutti i campionati?

«Non avevamo altra scelta. In questo momento ci sono troppe incertezze sul futuro e poi la maggior parte della nostra attività si svolge all'interno delle strutture scolastiche. È stata la decisione più giusta».

Come valuti la manovra di sostegno alle società per quasi un milione di euro?

«Abbiamo voluto dare un segnale importante di concreta vicinanza al movimento e spero che sia stato apprezzato. Ho letto molti commenti positivi, che mi confortano».