Un premio alla carriera, gli 80 anni di Emanuele Rame
- Pubblicato: 30 Marzo 2021
Nei giorni scorsi il presidente federale Renato Di Napoli gli ha mandato una lettera di auguri per i suoi 80 anni. Emanuele Rame ha iniziato a giocare a ping pong quando era un ragazzino e da allora la passione è sempre cresciuta, fino a fargli sentire oggi, in tempi di emergenza sanitaria, la terribile mancanza dei momenti trascorsi in palestra, a mulinare una racchetta, per mandare una pallina al di là della rete. Domenica il presidente della FITeT Toscana, Luca Pancani, gli ha consegnato una targa con la forma della Regione e una dedica, una sorta di premio alla carriera (nella prima foto).
Ciao Emanuele, sei felice del riconoscimento?
«Certo che lo sono, come anche degli auguri del presidente Di Napoli, che conosco bene. Li considero il coronamento di una vita dedicata al nostro sport e guarda che non ho alcuna intenzione di smettere. Vedo questo premio proprio come uno stimolo a continuare».
Hai origini toscane, però vivi in Lombardia.
«Sono nato a Lucca, dove sono rimasto fino a quando avevo nove anni. Poi i miei si sono trasferiti a Parma e lì ho frequentato le scuole e l’Università. Quando è arrivato il momento di andare a lavorare, sono venuto a Milano, dove sono stato assunto da una multinazionale, e ci sono rimasto. Vivo a Meda. In realtà vado spesso a Parma, per via dei parenti e della casa. Avendo un’abitazione anche nella zona di Forte dei Marmi sono sovente pure in Toscana. Vado a giocare a Pisa, a Lucca e a Forte e faccio ancora delle grandi battaglie con i più giovani».
Dove hai conosciuto il ping pong?
«Giocavo al calcio e dopo l’allenamento andavamo in parrocchia, dove c’erano due tavoli. Avevo 15 anni. Mi vide Gianni Mazzera, che è stato il ct della Nazionale, e mi disse che avevo delle doti, invitandomi a partecipare ai Campionati Provinciali, che sarebbero stati di lì a poco a Parma. Li ho vinti e sono andato a Bologna a disputare i Regionali. Sono stato anche agli Italiani di Livorno, ero ancora juniores, e ho perso in semifinale da Giuseppe Cagnina, un bravissimo toscano che era seconda categoria. Molto elegante rispetto a me, che impugno la racchetta in modo strano».
Parliamo un po’ proprio dell’impugnatura, per la quale sei famoso?
«È una via di mezzo fra quella “a penna” dei cinesi e quella occidentale. Non si tratta certamente di un’impugnatura ortodossa, ma sono stato un autodidatta e non mi ha insegnato nessuno. Alla fine mi sono trovato bene e ho continuato così. Ho vinto i primi titoli italiani in singolare, in doppio e a squadre a Vigevano, quando avevo 16 anni».
A livello individuale quali sono stati i successi principali?
«Nel 1969 a Varese sono diventato campione italiano di seconda categoria, battendo in finale per 3-0 Pier Ugo Frascarolo. Ho vissuto quel titolo anche come una forma di riscatto, dopo che, perché per colpa di un disguido nelle iscrizioni, mi avevano impedito di partecipare alla gara di doppio con Raffaello Zanobini. Dieci anni prima mi ero aggiudicato il doppio con Vittorio Longi e mi sono ripetuto nel 1974 con Romano Rodella. Ai tricolori di prima categoria sono arrivato costantemente negli ottavi e un anno a Fiuggi ho perso nei quarti contro Stefano Malesci, il mio compagno di società nel Vitamirella Sant’Elpidio, dopo aver eliminato Guido Bisi, che era appena tornato dagli Europei».
E a squadre?
«Il risultato migliore è stato lo scudetto conquistato con il Vitamirella Sant’Elpidio nel 1972. Ero con Malesci, Enrico Macerata e Nazzareno Formica. Ho militato in serie A anche nelle fila del TT Parma, con Lucio Sturani, Longi e Giancarlo Soliani, del Castellammare di Stabia, con Emanuele Rossano e D’Ambrosio, del Cus Firenze, con Stefano Bosi, Gianmarco Filippeschi e Daniele Bianciardi, del TT Asola, con i fratelli Romano e Guido Rodella e Giuseppe Beatini, della Fortitudo Bologna, con Gianni Garuti e Raffaello Zanobini, e dell’Ardisci e Spera Como con Enrico Figini, Alberto Nazzari e Marco Lucini».
Quanti titoli italiani hai vinto?
«Un po’ meno di 40, fra singolari, doppi maschili e misti e a squadre. Molti sono arrivati dalle gare Veterani, l’ultimo dei quali nel misto Over 75 ai Campionati Italiani di Orbetello del 2019. Tengo tutti i trofei, le medaglie, gli scudetti e gli attestati di partecipazione in mansarda, tutti ordinati e in bella mostra (nella seconda e nella terza foto)».
Hai giocato in Nazionale?
«Sono stato convocato ad alcuni raduni e ho disputato a un’amichevole internazionale contro una rappresentativa jugoslava che allineava anche il grande Dragutin Surbek. Perdemmo per 7-2, con i nostri punti ottenuti da me e dal milanese Geroni».
L’attività dei Veterani ti ha portato anche all’estero?
«Molte volte, ho gareggiato in oltre dieci edizioni dei Mondiali e degli Europei, andando sempre piuttosto avanti. A livello continentale mi sono classificato secondo nel doppio Over 70, in coppia con il mio amico inglese Roy Norton, nel 2013 a Brema, in Germania. Abbiamo ceduto in finale per 3-2 ai tedeschi Bison e Witthaus. Nella rassegna iridata di Las Vegas nel 2018 sono uscito negli ottavi del singolare Over 75 per 3-2 contro il cinese Jiang Zhaozhao. È stata colpa dell’arbitro russo, che sul 7-7 del quinto set mi ha chiamato il servizio, assegnando il punto all’avversario. È successo il finimondo, ho protestato e mi sono anche deconcentrato, da quel momento non ho fatto più un punto».
Insomma hai girato il mondo?
«Ho utilizzato le trasferte per partecipare alle competizioni come un’occasione per viaggiare con mia moglie Yasna e visitare nuovi Paesi. Siamo stati anche ai Mondiali del 2014 a Auckland, in Nuova Zelanda. Affacciandoci dal Palazzetto vedevano una distesa di campi di rugby. Ad Antalya, in Turchia, c’è un torneo importante e l’ho vinto tre o quattro volte. Lì ho molti amici. Oltre a ciò organizzano sempre l’evento a settembre e ottobre, il periodo ideale per sfruttare le bellissime spiagge».
Ora sei fermo?
«Purtroppo sì e la pratica mi manca moltissimo, perché mi aiuta a mantenermi in movimento e in forma. Con la mia società, il TT Lambrugo-Rogeno facciamo la C2, ma i campionati regionali non sono ancora partiti. Mi piacerebbe partecipare ai tricolori Veterani, per la prima volta fra gli Over 80, ma prima dovrei anche allenarmi. Speriamo che questo virus allenti la sua morsa e ci permetta di tornare alle nostre abitudini, non solo nello sport, ma anche negli altri aspetti della vita. Per quanto mi riguarda, sto aspettando il mio turno per fare il vaccino».