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Michela Merenda in azioneHa esordito in serie A nel 1987 e quest'anno, con la partita giocata in A1, con il suo Tennistavolo Coccaglio, in casa della Teco Corte Auto Cortemaggiore, ha tagliato il traguardo del quinto decennio consecutivo nel massimo campionato. Un vero record per Michela Merenda, nessuna donna è stata capace di tanto nello sport italiano, in tutte le discipline.

Ciao Michela, complimenti, ti senti una recordwoman?

«In effetti lì per lì non ci potevo credere, non ci avevo neppure fatto caso. È una bellissima soddisfazione, che mi ha fatto rendere conto che gioco da quando ero molto piccola e che sono sempre riuscita a mantenermi ad alto livello».

Arriverai anche al sesto decennio in A1?

«Non credo proprio, perché fra dieci anni ne avrò 54, ma non escludo nulla».

Quali sono i segreti di questo primato di longevità?

«Anche se talvolta ho dovuto fronteggiare momenti di stress e sconfitte complicate da digerire, non ho mai mollato. L'arrabbiatura durava pochi secondi e la grande passione, che ancora mi sostiene, mi ha sempre permesso di guardare avanti, con spirito battagliero. In più sono sempre stata bene fisicamente e, crescendo, sono anche diventata più brava nella preparazione atletica».

Non hai alcuna intenzione di fermarti?

«Per ora no, adoro ancora troppo giocare a tennistavolo».

Non fossi stata pongista, cosa saresti diventata?

«Forse sarei stata brava nel tennis, è un altro sport che mi piace molto».

Cosa ricordi del tuo debutto in A a soli 11 anni?

«Una delle titolari in quell'occasione non stava bene e mio papà Pinuccio mi disse che sarei dovuta andare in Sicilia, a Barcellona Pozzo di Gotto, prendendo l'aereo e il traghetto, tutto d'un colpo, per la prima volta. Allora non era usuale per una bambina viaggiare in aereo e mi ricordo che al ritorno a scuola l'avevo raccontato, molto orgoliosa, a tutti i compagni di classe. In campo non ero neppure troppo emozionata e avevo fatto la mia partita».

Poi sono arrivati i cinque scudetti societari, nel 1989 e dal 1992 al 1995. Cosa ti hanno lasciato?

«Nel primo avevo 13-14 anni, ma i successivi me li sono conquistati e goduti. Mi è sempre piaciuto giocare a squadre. Non dimenticherò mai gli ultimi due tricolori, che ci siamo assicurati con la cinese Dai Li Li, Alessia Arisi e Giorgia Zampini contro il Castel Goffredo alla "bella" casalinga, avendo chiuso la regular season al primo posto, dopo esserci imposte all'andata sul nostro campo, con 500 persone a seguirci, e aver perso al ritorno sul loro. Vincere con il proprio team e con il nome del proprio paese sulla maglia è impagabile. Alla fine c'erano i caroselli in giro per Coccaglio, con i clacson che strombazzavano. Ricordi indelebili».

Intanto eri anche entrata in Nazionale giovanile, quali le maggiori emozioni?

«Nel 1989 In Lussemburgo con Laura Negrisoli, la mia amica di sempre, e Marzia Pann, guidate dal tecnico Michele Vecchi, ci siamo messe al collo la medaglia d'argento a squadre Allieve ed è stato il primo podio italiano femminile della storia ai Campionati Europei Giovanili. Lo porto nel cuore. Fu un'impresa, perché arrivammo in finale, dove trovammo la Russia, che era imbattibile».

E con la maglia azzurra assoluta?

«Ho partecipato agli Europei del 1992 a Stoccarda e del 1994 a Birmingham e ai Giochi del Mediterraneo del 1993 a Montpellier. A Birmingham, con la compagine composta anche da Arisi, Cristina Semenza e Fliura Bulatova abbiamo sfiorato l'accesso alle semifinali e alla fine ci siamo piazzate seste».

Perché, a eccezione del 2001-2002, quando andasti a Isernia, sei sempre rimasta al Coccaglio?

«Perchè è la mia famiglia, fondato da mio papà e alla quale hanno sempre collaborato anche mia mamma Duilia e mio fratello Giordano. Spesso le riunioni societarie erano organizzate a casa nostra. Il club ha sempre fatto il possibile per farmi allenare e negli anni '90 è stato creato, grazie al Comune, il Palazzetto dedicato esclusivamente al tennistavolo».

Cosa è accaduto in quel 2001-2002?

«Il Coccaglio è retrocesso in A2 e io avevo ancora piacere di rimanere in A1. Il neopromosso Castelpetroso, allenato da Eliseo Litterio, aveva bisogno di un'italiana e mi aveva contattata. Fu una bella stagione, che concludemmo seste, e in un match a Castel Goffredo vincemmo e io feci tre punti su Tan Wenling, Arisi e Ding Yan. Una vera apoteosi. Il Coccaglio è poi tornato in A1 e io sono rientrata a casa».

Titoli italiani?

«Ne ho vinti 36 individuali, mai in singolare assoluto, nel quale ho centrato una semifinale. Ci sono state molte vittorie nel doppio e nel misto, l'ultima è stata nel 2016 a Lucera nel singolare Veterani Over 40».

Ora quanto ti alleni?

«Da periodi in cui ero impegnata tutti i giorni, gradualmente, anche per il lavoro, ho diminuito e ora svolgo due sessioni alla settimana. Talvolta non vado in palestra per scelta, perché faccio la zia e dedico tempo ai miei nipotini Ottavio e Isotta, di quattro e due ann. Ottavio spesso mi dice che vuole giocare a ping pong e quando vede una pallina a casa gli piace effettuare due palleggi».

Soddisfatta della tua scelta professionale?

«Dal 2008 lavoro a Orzinuovi nel ristorante McDonald's, ho iniziato come responsabile e ora faccio la direttrice. Sono molto contenta, perché anche qui si tratta di un compito di squadra. Ho 25 ragazzi da gestire e ogni giorno c'è una sfida diversa, che affrontiamo tutti insieme. Grazie al mio titolare Eugenio Fossati, anche lui di Coccaglio, che in questi anni non mi ha mai negato un permesso per andare a giocare, ho avuto la possibilità di crescere all'interno dell'azienda e mi fa piacere trasmettere ai ragazzi ciò che ho imparato e gioire con loro per i traguardi che raggiungiamo».

Com'è stata l'ultima stagione?

«Dopo la promozione dalla A2, abbiamo deciso di disputare la A1, nonostante sapessimo con Francesca Avesani, Sabrina Moretti e Krisztina Nagy che sarebbe stato durissimo. Ci siamo sempre impegnate al massimo e ci siamo divertite e godute tutte le vittorie conquistate nei singolari, anche se non siamo riuscite ad aggiudicarci una gara».

Grazie alla sospensione del campionato, potreste ancora partecipare alla A1. Cosa deciderete?

«Vorremmo riprovarci, certo che sarebbe bello se non ci fossero limitazioni e potessimo concentrarci solo sul gioco, e non su tutti i vincoli per il rispetto della sicurezza, e alla fine delle partite potessimo anche abbracciarci».

A proposito di emergenza da COVID-19, com'è stata viverla nella tua zona?

«Sono stati tre mesi difficilissimi, esssendo Coccaglio esattamente a metà strada fra Bergamo e Brescia. Ci sono state grande paura e preoccupazione, con il silenzio rotto solo dalle sirene delle ambulanze. Abbiamo avuto persone che abitavano vicino a noi che sono mancate e c'era timore per mamma e papà, che per fortuna sono sempre stati bene. Ora che la situazione è migliorata, stiamo tirando tutti un sospiro di sollievo».