Joze Urh:«Felice di essere di nuovo in Italia, per insegnare ciò che ho imparato»
- Pubblicato: 22 Gennaio 2019
Con l'inizio del 2019 si è aperto il terzo capitolo della collaborazione di Joze Urh con la Federazione Italiana Tennistavolo, dopo i 12 anni trascorsi a Parma e i successivi 5 alla guida della Nazionale cadet. Questa volta il presidente Renato Di Napoli ha chiamato il tecnico sloveno, che è nato a Trbovlje nel 1960, per affidargli l'incarico di occuparsi del movimento femminile, prestando preliminarmente particolare attenzione alle cadette.
Ciao Joze, bentornato in FITeT, ci racconti quando hai scoperto il tennistavolo?
«Grazie, sono contento di essere di nuovo qui. Complessivamente ho lavorato per questo sport più in Italia che in Slovenia. Il mio amore per la racchetta è iniziato quando, dodicenne, ha smesso di giocare a calcio. Distruggevo troppe paia di scarpe e mia mamma mi ha chiesto di cambiare disciplina. Nella cittadina di diecimila abitanti in cui vivevo non è che ci fossero molte alternative e ho scelto il tennistavolo: c'era una società, il TT Kemicar, e una buona tradizione».
Hai cominciato un po' tardi?
«Fu così e infatti da allievo non ho ottenuto alcun risultato di rilievo. Nell'ultima stagione da junior sono riuscito a entrare nella Nazionale della ex Jugoslavia, poi ho fatto parte anche della squadra senior. Allora non si viaggiava come oggi e gli atleti jugoslavi non potevano andare a giocare fuori dal Paese fino a 28 anni, età alla quale si era già abbastanza vecchi. Già a 25 anni, oltre a giocare, allenavo e all'Olimpija Lubiana mi occupavo di una cinquantina di bambini».
Che esperienze internazionali hai fatto?
«Nel 1998 sono andato in Svizzera e nel 1999 sono venuto in Italia, a Parma, dove sono rimasto fino al 2001. Ho vissuto uno dei periodi più belli della mia carriera, coinvolgendo varie generazioni di appassionati. Emmanuele Delsante ha iniziato con me a sei anni. È venuto da me anche Mattia Crotti, che ha disputato la A1 fino all'anno scorso e ora allena a Cortemaggiore. Del gruppo faceva parte pure Luca Ziliani, che gioca ancora, come anche molti altri giocatori di Parma di quel periodo. Sono felice di avere trasmesso loro la passione per il tennistavolo».
Quali sono state le maggiori soddisfazioni agonistiche in quegli anni?
«Siamo stati campioni italiani allievi e juniores a squadre. Non era facile perché combattevamo contro i Centri Federali, che potevano contare sui migliori atleti scelti dalle varie società».
Qual è stato il passaggio successivo?
«Ho avuto la possibilità di tornare in Slovenia ed è nato un bel sodalizio con Bojan Tokic, che ho preso 21enne, intorno al 160° posto al mondo, e, dopo due anni, è diventato n. 38. A Lubiana dirigevo un Centro nel quale si allenavano i migliori e le migliori giovani. Con la squadra femminile abbiamo vinto la medaglia di bronzo nel 2005 ai Campionati Europei assoluti di Aarhus, in Danimarca. Salimmo sul terzo gradino del podio con l'Italia e fu una delle più grandi sorprese di tutti i tempi».
Chi furono le protagoniste di quell'impresa?
«Furono Todorovic, Safran e Halas, nessuna delle quali era nelle prime 100 del ranking. Non ero in panchina in quell'occasione, perché seguivo i maschi, ma le allenavo io. Poi Tokic è andato in Germania e alcune ragazze hanno smesso di allenarsi lì. Allora ho accettato la proposta dell'allora presidente della FITeT Franco Sciannimanico».
Com'è andata?
«Voleva che seguissi la Nazionale assoluta femminile, ma all'ultimo momento non trovammo l'intesa. Non ci siamo sentiti per sei mesi e in prossimità del Natale mi ha chiamato per farmi gli auguri e offrirmi la guida dei cadetti. La preoccupazione nella mia vita, ogni volta che dovevo assumere un incarico, è sempre stata di non portare via il posto a nessuno. Il presidente mi rassicurò, dicendo che sarebbe stata un'attività nuova, e allora accettai e dal 2007 al 2012 lavorai con le categorie Ragazzi e Allievi. Di quella generazione facevano parte Damiano Seretti, Alessandro Baciocchi e Leonardo Mutti e, per una parte, anche Marco Rech Daldosso».
Sono stati anni di successi.
«Nel 2010 a Istanbul, in Turchia, Leo si è aggiudicato l'oro in singolare agli Europei Giovanili. Avevamo programmato quella medaglia, arrivata 35 anni dopo la vittoria di Giovanni Bisi. Puntavo molto anche sulla squadra e invece il podio ci sfuggì e ci piazzammo quinti. Perdemmo nei quarti contro la Polonia, perché Zatowka sul 2-2, pur essendo molto giovane, disputò una partita bellissima e superò Baciocchi. Leonardo e Alessandro si classificarono poi terzi in doppio».
Come fu invece il trionfo di Leo?
«Fantastico, in finale si trovò di fronte il polacco Jakub Dyjas e sul 3-3 nel set decisivo l'avversario cambiò campo avanti per 5-2. Alla ripresa del giocò Leo mise a segno un punto bellissimo, che diede il via allo sprint conclusivo. Salì 10-5 e chiuse 11-6. Nello stesso anno con lui ci qualificammo alla prima edizione dei Giochi Olimpici Giovanili di Singapore. Non giocò bene, ma già partecipare a quella manifestazione era molto importante».
Dopo quella parentesi sei rientrato in Slovenia?
«Il progetto del Centro Federale di Otocec non era ancora pronto e per una stagione andai in giro e creammo tutte le condizioni per partire nel 2013. Mi sono trasferito là e durante la settimana dormivo alla Casa dello Studente con i miei ragazzi, che portavo avanti e indietro con il pullmino».
Hai allevato pongisticamente Darko Jorgic e Deni Kozul?
«Ho lavorato con Darko da quando aveva sei anni. Lui cresceva negli anni in cui ero ancora in Italia. Quando tornavo a casa facevo allenamento con lui. Ci alternavamo con mia moglie in questo lavoro. Conosco Andreja da quando avevo 12-13 anni. Viveva nella mia città e suo papà era il mio allenatore. Deni, a differenza di Darko, non era della mia società e il nostro rapporto è iniziato a 15 anni. Jorgic con me ha vinto il titolo europeo cadetti a squadre, mentre con Kozul si sono aggiudicati il doppio juniores e sono stati bronzo a squadre».
L'apoteosi è stato il terzo posto a squadre agli Europei Assoluti del 2017?
«Quello è stato un risultato storico, ci speravo, ma non sapevo quando mai sarebbe successo. Quando abbiamo vinto il bronzo con le ragazze nel 2005, mi ero ripromesso di portare la medaglia in Slovenia anche nel settore maschile. Non ero però sicuro che Darko e Deni fossero ancora abbastanza maturi per arrivare a podio. D'altro canto Tokic aveva già 36 anni e dopo sarebbe stato troppo tardi. Avevo anche dei dubbi su me stesso e mi chiedevo se fossi abbastanza bravo per arrivare a tanto».
Dubbi fugati dall'esito del campo, no?
«In effetti sì, anche se è stato tutto molto complicato. Nel girone di qualificazione siamo stati sorteggiati con Belgio e Polonia e noi, come numeri 3, eravamo degli outsider. Nonostante ciò ci siamo piazzati primi e alla fase finale in Lussemburgo siamo capitati nel gruppo con l'Austria e il Portogallo, gli ultimi due campioni continentali, e la Slovacchia, che si presentava con due cinesi. Abbiamo ceduto per 3-0 ai portoghesi ed eravamo sotto per 2-0 contro gli slovacchi».
Chi ha fatto il miracolo?
«Ho inserito Jan Zibrat al posto di Kozul, avendo battuto nel torneo precedente Sereda, che speravo fosse il loro numero 3. È andata così è abbiamo accorciato le distanze. Tokic ha poi superato il difensore Wang Yang per la prima volta e nel singolare conclusivo Jorgic ha annullato una decina di match-point a Pistej e alla fine ha prevalso. È sembrato un segno del destino e infatti abbiamo avuto la meglio anche sull'Austria per 3-2, con due punti di Tokic e uno di Jorgic su Gardos».
Eravate dunque nei quarti?
«Avremmo potuto pescare la Germania o la Svezia e ricordo che non andai al sorteggio. Mi chiamò Andreja per dirmi che avremmo affrontato la Svezia e in cuor mio ero sicuro che sarebbe andata così, perché se c'era una giustizia, dopo così tanti avversari terribili sul percorso, avremmo evitato i tedeschi».
Cosa hai detto ai ragazzi prima del match?
«Che la Svezia era più abituata di noi a giocare per una medaglia, noi, essendo alla prima occasione, avevamo più voglia di loro di vincerla. Terminò 3-2, con doppietta di Tokic e successo di Jorgic su Gerell, che era stato inserito al posto di Kallberg. Finalmente il podio era realtà e, tutto sommato, ci siamo difesi bene anche in semifinale contro la Germania, che si è imposta per 3-2. In apertura Darko ha rifilato un 3-1 a Ovtcharov e Tokic ha perso da Boll. Come numero 3 ho scelto Zibrat e forse contro Franziska sarebbe stato meglio optare per Kozul. Sul 2-1 Tokic per la prima volta ha avuto la meglio su Filus, il sostituto di Ovtcharov. La sfida decisiva è andata a Boll su Jorgic, ma noi eravamo già soddisfatti così».
Ora, dunque, sei di nuovo dei nostri. Che accordo hai preso con il presidente Renato Di Napoli?
«L'idea è di mettere insieme un gruppo di Allieve, che abbia già una certa qualità e voglia di crescere, e di portarlo avanti. Le convocate al primo stage a Lignano Sabbiadoro, Caterina Angeli, Nicole Arlia, Miriam Benedetta Carnovale e Chiara Rensi, rimarranno in categoria anche il prossimo anno. Assieme alle juniores sono il nostro futuro in ottica senior. Al momento queste ragazze hanno bisogno di essere seguite il più possibile e mi piacerebbe monitorare il lavoro che svolgono nelle loro società, per poi vederle ai tornei nazionali e guidarle negli appuntamenti internazionali. Organizzeremo anche dei raduni».
Quali sono i tuoi propositi?
«Non ho la bacchetta magica, però ho molta esperienza. Sono uno dei pochi allenatori in Europa che abbia seguito quasi tutte le categorie. Campione europeo maschile a Strasburgo, poi campione europeo Allievi, con molte altre medaglie continentali in quella classe d'età. Ero seduto in panchina in occasione delle medaglie europee Allieve, poi juniores maschile a alla fine anche agli Europei assoluti. Penso di poter dire la mia. Però ho sempre creduto nel lavoro del gruppo. Mi sono sempre circondato di persone perbene e che del tennistavolo sapessero qualcosa. Da solo non posso fare nulla. Finché le ragazze si alleneranno nelle società, cercherò di collaborare il più possibile con i loro allenatori. Se un giorno si trasferiranno in un Centro dove potrò lavorare con loro ogni giorno, allora il mio ruolo cambierà parecchio».
Cosa vorresti trasmettere?
«Credo nella positività, che bisogna trasferire ai ragazzi, riempiendoli ogni giorno di energie virtuose. Qui pero devo cominciare prima da me stesso, arrivando in palestra con il sorriso e armato di ottimismo. Per adesso ho ancora quella voglia di entrare in palestra con entusiasmo. Non importa chi sia in palestra. Io sono un insegnante di tennistavolo e cerco di far migliorare chi mi aspetta lì».
Qual è la mentalità giusta che vorresti avessero le tue atlete?
«Quella che le porti ad amare la sfida e a combattere fino in fondo. Quest'anno sicuramente gli Europei Giovanili saranno un traguardo importante. Voglio insegnare ciò che ho imparato in questi anni di carriera. Anche i progetti portati avanti con l'Ittf e l'Ettu mi hanno aiutato molto per completare la mia esperienza».
Come vi ripartirete i compiti con Sebastiano Petracca?
«Sebastiano sarà molto impegnato al Centro Federale di Formia. È un bravo tecnico, che conosce bene questa ragazze, e la nostra sarà una collaborazione proficua».