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Italia juniores abbraccioCome sempre al termine delle manifestazioni rimangono nella mente le immagini che fissano i momenti più belli. Una delle più emozionanti è senza dubbio quella della montagna umana che ha sommerso Daniele Pinto al termine dell’ultimo punto che ha assegnato agli juniores azzurri la medaglia d’oro a squadre. In cima al mucchio c’era Lorenzo Nannoni, che trascinato dall’entusiasmo era saltato sopra i suoi ragazzi, per abbracciarli tutti insieme. Il tecnico toscano è stato il protagonista in panchina anche dell’argento ottenuto da Pinto e Antonino Amato nel doppio. Due soddisfazioni che sono arrivate a tre anni dal primo storico successo del team, che anche allora era guidato da lui.

Lorenzo, quali sono le differenze fra le due vittorie?

«Nel 2013 avevamo Leonardo Mutti e Alessandro Baciocchi, che vennero a Ostrava per vincere il titolo. Erano pronti e con l’esperienza giusta e noi puntavamo all’oro. Questa volta, invece abbiamo portato giocatori giovani come Matteo Mutti, fratello di Leonardo, Daniele Pinto, Antonino Amato e Luca Bressan cui manca l’esperienza dei grandi match. L’anno scorso eravamo arrivati nei quarti di finale, ma quello era stato il migliore risultato nel recente passato. Non avevamo disputato semifinali o finali».

A Zagabria non era iniziata bene nel girone.

«Abbiamo perso contro la Russia e, dopo aver battuto l’Inghilterra, ci sarebbe bastato fare un punto contro i polacchi per piazzarci secondi. I ragazzi erano talmente concentrati sul fatto che bastasse vincere un match che abbiamo perso per 3-0, ci siamo classificati terzi e abbiamo avuto un percorso più difficile nel tabellone».

Quanto è difficile rivincere a distanza di tre anni?

«Iniziamo con il dire che un successo è anche un po’ il frutto di situazioni, perché per esempio la Francia ha perso contro la Repubblica Ceca e la Russia contro la Romania. Quando accadono eventi favorevoli, occorre però saperne approfittare e lo abbiamo fatto. Dobbiamo anche considerare che ultimamente abbiamo lavorato moltissimo con questi atleti e dallo scorso settembre al Centro Federale di Formia l’intensità è ancora aumentata. Se fosse stato giusto conquistare il titolo europeo, mai momento sarebbe stato più azzeccato di questo. Daniele, Antonino, Luca e Gabriele Piciulin vivono a Formia, ma ci tengo a sottolineare che Matteo ha fatto una scelta di vita simile ai compagni a Milano. Questo è un risultato meritato per i ragazzi, che hanno deciso di vivere lontano da casa e di sacrificarsi, pur se per fare qualcosa che a loro piace molto come il tennistavolo».

Vogliamo parlare un po’ dei singoli, iniziando da Mutti?

«È stato letteralmente strepitoso, perché ha battuto Jorgic e Polansky, due delle prime quattro teste di serie e dei primi quattro d’Europa, che sono arrivati in semifinale nel torneo di singolare. Entrambi fanno già parte delle rispettive Nazionali assolute e hanno anche ottenuto dei risultati importanti. Matteo è stato fenomenale a batterli, dal momento che li ha imbrigliati e li ha messi veramente in difficoltà. Non esiste un voto che possa identificare le sue prestazioni».

Che dire di Pinto, che sia in semifinale sia in finale ha portato a casa l’ultimo singolare?

«È una sicurezza, perché sai sempre che ciò che può dare in ogni match lo dà e che se c’è una possibilità che vinca una partita molto probabilmente la vincerà. Certamente ci sono aspetti sui cui deve migliorare, però i due successi contro la Germania e quelli contro Romania e Repubblica Ceca dimostrano quanto sia affidabile. Non commette errori sciocchi e perde poco la concentrazione. Ha parecchie risorse e riesce a uscire fuori da situazioni complicate. Nel torneo di singolare contro il russo Yarushin era avanti per 3-0 e stava abbastanza dominando, poi l’avversario ha iniziato a giocare meglio, sbagliando meno di rovescio e tirando palle più lente ed è risalito fino al 3-3. Nell’ultimo set Daniele ha stravolto la partita, iniziando a servire da posti diversi e fare cose differenti. È stato bravissimo e ha vinto».

Come giudichi Bressan, un numero 3 capace di fare punti determinanti?

«Il suo apporto in questi Europei è stato eccezionale. Ha dimostrato finalmente di saper portare a casa i match. A squadre ha perso una sola partita contro il tedesco Yannik Xu, nella quale era 2-2 e vinceva per 9-5 nel quinto set. Dopo una sconfitta del genere non era facile riprendersi, invece contro il romeno Manole si è imposto all’ultimo tuffo e con il ceco Buben ha dominato. L’avversario era più debole di lui, ma in finale, sotto per 0-2, non era agevole da battere. Nel singolare ha messo in grande difficoltà Levenko e stava per salire sul 3-1. L’austriaco è poi arrivato in finale, perdendo contro il francese Cassin. In doppio con il moldavo Putuntica ha raggiunto i quarti ed era in vantaggio per 2-0 contro Pinto e Amato. Luca nel complesso a Zagabria è stato fantastico».

Cosa è accaduto ad Amato, partito titolare e poi sostituito appunto da Bressan?

«All’inizio non è tanto entrato in gara, mentre altre volte aveva dimostrato di essere subito pronto. Sbagliava molto e avevo la sensazione che come numero 3 costituisse un rischio. Era ovvio che con lo sviluppo del torneo sarebbe cresciuto, ma c’era bisogno che vincesse le partite subito e quindi ho deciso di provare Luca Bressan, che vedevo in buona condizione. Questo suo inizio stentato ci deve fare riflettere. Ha bisogno di lavorare moltissimo e non deve dimenticarlo mai. Pare un po’ strano che il campione italiano di categoria non giochi nella gara a squadre, però da un lato è anche positivo, perché significa che c’è un gruppo di ragazzi competitivo e di livello equilibrato. Non dimentichiamoci che è rimasto a casa Nicholas Frigiolini, che è approdato in semifinale ai tricolori battendo Matteo Mutti».

Soddisfatto anche della matricola Piciulin?

«A squadre ha fatto gruppo e in singolare ha messo in campo quello che aveva. Gabriele è un buon giocatore e tecnicamente ha dei colpi notevoli. Mentalmente deve crescere e il suo approccio alla gara deve essere più tranquillo e sereno. Quando perde i punti deve rimanere più calmo. Nel tabellone di consolazione, che comprendeva alcuni atleti di discreto livello, si è issato fino alla semifinale, vincendo parecchie partite e perdendo dal numero 3 inglese».

Rimanendo dunque al singolare, ritieni che i ragazzi abbiamo fatto il massimo?

«Di Bressan abbiamo già detto. Amato è stato sfortunato con il sorteggio e ha subito affrontato Cassin, che ha perso un solo set in tutto il torneo. Pinto ha ceduto al bielorusso Khanin, che nei quarti si è arreso per 12-10 al settimo set contro Jorgic. Mutti è uscito dalla gara a squadre veramente spremuto ed è stato eliminato subito, prendendo comunque un giocatore scomodissimo come il numero 1 slovacco Spanik».

Tornando all’argento nel doppio, rientrava più nei sogni che nelle speranze?

«Spesso è una specialità in cui non riusciamo a esprimere ciò che sappiamo fare, però che Pinto e Amato fossero una buona coppia si vedeva. Sono un destro e un mancino ed entrambi hanno un buon diritto. Quando giocano e rispondono bene, sono concentrati e stanno vicino al tavolo, con il diritto fanno male. Sopra al tavolo c’è molto da progredire, ma esistono già delle discrete soluzioni. Antonino serve anche bene sotto, tagliato, e gli avversari spesso non rispondono a dovere, consentendo a Daniele di partire. Ci sono dunque ottimi presupposti perché questi due ragazzi a livello giovanile possano ottenere risultati. Questo argento continentale può insomma essere considerato un trampolino di lancio».