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All'Italian Open Junior & Cadet Open di Lignano Sabbiadoro, fra i molti tecnici presenti, c'era anche lui. Alla guida della sua Slovenia, Jose Uhr ne ha approfittato anche per dare un'occhiata agli azzurri, che conosce bene. Non per nulla dal 2007 al 2012 è stato il responsabile delle categorie Allievi e Ragazzi maschili. Attualmente gestisce un centro a Otocec, vicino a Novo Mesto, dove i ragazzi studiano e si allenano. Con lui collabora la moglie Andreja Ojstersek, pure lei in passato al servizio della FITeT, come tecnico della Nazionale junior femminile.

Jose, quali sono i ricordi più belli di quell'esperienza?

«In quel periodo Leonardo Mutti è diventato campione europeo e poi ha vinto il bronzo continentale in coppia con Alessandro Baciocchi. Ci siamo poi piazzati quinti a squadre e abbiamo conquistato diverse medaglie negli Open. Era quello che avevo promesso al presidente Franco Sciannimanico. Ho poi seguito Daniele Pinto, Jordy Piccolin, e Luca Bressan. Abbiamo anche avviato un progetto di coinvolgimento dei giovanissimi, attraverso dei raduni organizzati in tutta Italia».

Come valuti il nostro movimento giovanile?

«In Europa c'è una crisi di ragazzi un po' ovunque. In Italia mi sembra che la situazione sia migliore, se confrontata con quella degli altri Paesi. Ricordo gli atleti che c'erano tre anni e mezzo fa, quando ho lasciato l'Italia, e ora ho trovato molte facce nuove a livello dei piccolini. Il movimento c'è e non mi preoccuperei sotto questo aspetto. Naturalmente ci sono dei responsabili che ci devono pensare. Bisogna fare una piramide gestita bene e i ragazzi fino a un certo punto vengono seguiti dal settore giovanile, poi è necessario creare una struttura che permetta loro di diventare campioni. Secondo me in Italia avete i mezzi e le risorse per fare un ottimo lavoro, come state facendo. C'è anche un soddisfacente materiale in termini di atleti e magari avessi in Slovenia la metà di ciò che avete voi. Non penso che dovreste avere problemi per il futuro».

Come hai visto i nostri ragazzi a Lignano?

«Carlo Rossi già qualche anno fa aveva la testa da grande, Matteo Mutti è un grande lavoratore, John Oyebode è un talento naturale con un'esplosività incredibile e anche Matteo Gualdi ha dei numeri notevoli. Dovranno continuare a lavorare duramente e i risultati arriveranno».

Com'è allenare un atleta forte come Darko Jorgic?

«Ha cominciato nella società mia e di mia moglie quando aveva sei anni e anche ora si allena nel mio centro. È lo junior numero 2 in Europa e l'8 nel mondo. Non è un talento naturale, ma lavora molto. Abbiamo una squadra assoluta vecchia e dobbiamo far crescere questi giovani. Oltre a Darko, c'è Deni Kozul, con cui è stato campione continentale in doppio, e un altro paio di elementi. Il mio compito è di creare un ricambio e non ho molto tempo. Alla fine ciò che conta nella carriera di uno sportivo è quello che si ottiene da senior. Le medaglie juniores sono importanti, ma, se dopo due o tre anni non si mantengono le attese, nessuno se le ricorda più».

Cosa è necessario per diventare un campione?

«Oltre alle qualità tecniche bisogna avere qualcosa dentro, una motivazione particolare. Campione è chi insegue i risultati, non i soldi. I guadagni sono la conseguenza delle vittorie».

Jose Uhr