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E' trascorso circa un anno dall'ingresso di Andreja Ojstersek nello staff tecnico azzurro con responsabilità delle junior femminili. Le abbiamo chiesto di commentare questo primo tratto di strada fatto con le ragazze ed ecco le sue risposte.
Dopo circa un anno di lavoro con la nazionale italiana  femminile junior, quali considerazioni ti senti di fare su questa esperienza?
»Dopo dieci mesi di lavoro posso dire che ho vissuto un po' di tutto. Sono partita con molta carica e con molto intusiasmo e ottimismo. Dopo aver selezionato una rosa delle giocatrici che avrebbero dovuto e potuto  far parte della nazionale nei prossimi 2-3 anni ho fatto anche un programma per lo stesso periodo. In esso ho spiegato il mio modo di lavorare e di vedere il tennistavolo. Sono stata molto chiara nello spiegare che avrei voluto vedere miglioramenti sia dal punto di vista del gioco come da quello dei risultati. Ho spiegato che avremmo fatto gare internazionali nelle quali ci saremmo posti degli obiettivi ben precisi. Senza una scala di obiettivi da raggiungere non si puo migliorare. Ho spiegato che alla nostra federazione interessa che la nazionale sia per le giocatrici un punto di partenza e non di arrivo.«
E come è andata?
»Tutto questo è stato spiegato alle giocatrici, e all'inizio sembrava tutto a posto e tutte hanno dato la massima disponibilita.  Poi però, molto presto, sono cominciati i primi problemi con gli ifortuni, con la scuola, con le societa e qualcuna non ha dato più la disponibilità anche a causa del programma molto intenso. Tutto questo è stato per me una grossa delusione soprattutto perchè so bene che in queste ragazze la Federazione ed i tecnici  della nazionale hanno  investito  nel passato parrecchio sia dal punto di vista economico sia dal punto di visto del sacrificio umano.
Devo però dire che c'è stato anche un momento particolarmente felice che ho vissuto a Lignano durante il torneo ITTF junior circuit e con le qualicicazioni olimpiche con Elisa Trotti, appuntamenti dove lei ha giocato veramente bene sia dal punto di vista tecnico sia da quello spesso più problematico cioè tattico. Battendo le giocatrici che in classifica sono molto più avanti di lei ha dimostrato che giocando al meglio le può battere, o per lo meno giocarsela, con quasi tutte le sue avversarie in Europa nella categoria juniores dove, va ricpordato, lei si trova per il primo anno. Però si devono unire tutte le componenti assieme nel momento giusto. E per questo bisogna lavorare con Elisa e con tutte le altre giocatrici in un modo complessivo e curare tutti gli aspetti: technico, tattico, fisico e psicologico. Se manca uno di questi non si può essere competitive con le migliori in Europa.«
Come hai già ricordato, un capitolo importante sono state le qualificazioni olimpiche giovanili che abbiamo tentato con Elisa Trotti. Come va letto il suo risultato che a tratti e` sembrato vicino ed a tratti lontano ma che alla fine abbiamo mancato?
»Elisa ha partecipato ai quattro tornei di qualificazione olimpica. I primi due li ha fatti uno dopo  altro in Bahrein ed in  Egitto, nel  mese di febbraio, non giocando particolarmente bene e senza grosse possibilita di qualificarsi visto che passava solo la vincitrice.
Tornata a casa si è continuato a lavorare ed è arrivato il torneo di Lignano. Qui abbiamo cercato di dare importanza ad un gioco con una certa tattica dal primo al ultimo punto. Lei era consapevole di come doveva giocare, forse lo era anche prima ma stavolta è riuscita a giocare in un modo giusto, quasi perfetto, sempre dal primo al ultimo punto. Non ha dato neanche il minimo spazio ai punti casuali, la testa è sempre stata ben presente. Devo dire che e` riuscita in questo compito e che e` rimasta, come me, anche lei molto contenta del risultato e sopratutto del gioco. Però onestamente qualificarsi non era posibile visto che la Croata Jeger si è dimostrata più forte. Del resto Elisa a Lignano non era tra le favorite anzi era nel gruppo delle giocatrici più indietro nella classifica. Giocando bene a Lignano è salita molto nel ranking dello YOG fino ad arrivare a Novara come una delle favorite per qualificarsi visto che era la numero 3 del torneo e che 4 si qualificavano. Non e` riuscita secondo me perchè ha pagato il prezzo della paura. Ha capito che poteva farcela. In gioco erano le olimpiadi però doveva giocare il suo miglior tennistavolo di sempre. La pressione e la responsabilita è stata molto alta. E giocare con tutto questo sulle spalle non è facile e soprattutto non è la stessa cosa che giocare un torneo internazionale qualsiasi perchè le qualificazioni olimpiche giovanili le giochi una sola volta nella vita.
E qui si pone la domanda dove abbiamo sbagliato? La federazione ha fatto tantissimo perchè Leonardo ed Elisa potessero farcela. Leonardo è riuscito Elisa no. Credo che in questo momento non si potesse fare di più. Guardando avanti Unica cosa sono convinta che sia necessario preparare le nostre giovani per arrivare fra 4 anni ancora piu` pronte di Elisa. Cercheremo di insegnare più profondamente cosa signifiaca non mollare mai e crederci fino alla fine, essere dure come si dice, e che all'estero niente ti viene regalato.«
Da come le hai viste, secondo te ragazze di questa fascia di età hanno bisogno di più tecnica o di piu` personalità?
»Per quello che riquarda la tecnica (mi riferisco al modo di fare i movimenti) bisogna dire che non siamo messi male. I problemi cominciano con il lavoro di gambe dove siamo messi invece molto male. Questo provoca che non ci si arriva mai bene sulla palla e vanifica anche tutto il buono che abbiamo di tecnica di braccio e di busto. Un'altra cosa è che le nostre giocatrici hanno poca fiducia e spesso hanno paura dagli avversari anche quando non è proprio il caso. Ma tutto questo è legato al lavoro durante ogni singolo allenamento. Bisogna riuscire a cambiare mentalità. Per esempio se a casa puoi fregare il tuo allenatore e non fai il massimo, con l'avversario all'estero non puoi farlo e allora paghi il prezzo con la sconfitta.«
E quale medicina consigli?
»Sicuramente abbiamo bisogno di più personalità ma essa si crea durante ogni giorno con un lavoro duro. Il giocatore che vuol diventare grande deve soprattutto conoscere i propri limiti deve sapere battere le proprie debolezze ed andare oltre. Con questo si crea la personalità e solo così si possono superare le difficoltà che si creano durante una partita molto importante. Dopo chiaramente ognuno deve sapere bene cosa è il proprio concetto di gioco, quindi consapevolezza del perchè e che cosa vado a fare in palestra. Se si gioca ogni giorno solo così... per giocare è chiaro che molto lontano non si arriva. Bisogna avere la quantità e anche la qualità.«