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Da lustri è uno dei punti fermi del pongismo italiano in carrozzina. Salvatore Caci, 48enne piemontese tesserato per il Tennis Tavolo Torino, nato a Casale Monferrato e residente ad Alfiano Natta, in provincia di Alessandria, nella sua lunga carriera ai massimi livelli ha conquistato un argento e un bronzo ai Mondiali e due argenti e cinque bronzi agli Europei. Ha partecipato alle ultime tre edizioni delle Paralimpiadi, da Sydney 2000 a Pechino 2008. Un italiano purosangue, ma la sua passione per il tennis tavolo sbocciò in Germania, o meglio in Inghilterra.
Salvatore, ci racconta questi suoi trascorsi stranieri?
«Partirei da quando avevo tre anni e una iniezione lombare, che mi venne praticata all’ospedale Gaslini di Genova, mi causò una paraplegia agli arti inferiori. A livello fisico le mie condizioni peggioravano continuamente e i miei genitori mi portarono da un ospedale all’altro, anche all’estero. Il mio padrino negli anni ’60-’70 correva in auto in Formula 2 e quando ebbe un grave incidente fu operato da un famoso professore in Inghilterra, vicino a Birmingham. Papà, su suo consiglio, mi condusse nello stesso centro, dove restai per oltre un anno e mezzo, e la mia situazione migliorò notevolmente. Riuscivo anche a muovermi con le stampelle. Sulla terrazza di quell’ospedale ortopedico c’era un tavolo da ping pong, vecchio e malandato, e fu proprio lì che iniziai a tirare i primi colpi.
Fu subito amore?
«Quello sport mi rimase dentro e quando successivamente mi trasferii in Germania con la mia famiglia continuai a pensare a quanto fosse bello giocare. Entrai in una società tedesca e crescendo partecipai a moltissime gare e ottenni parecchi successi. Per due anni di seguito mi aggiudicai la Coppa di Germania, una manifestazione internazionale, composta da varie tappe, che nessun italiano aveva mai vinto. Rimasi in Germania per quasi 21 anni, fino al 1991».
Poi cosa accadde?
«Tornavo ogni anno a Casale Monferrato per trovare mia nonna Carmela, con cui avevo vissuto nei primi 8-9 anni di vita, e poi mio fratello in Toscana. Conobbi Germana, la mia attuale moglie, e non ripartii più. Nel dicembre del 1992 ci sposammo».
Una lunga carriera sportiva alle spalle comporta anche molti ricordi. A quali è più legato?
«Sicuramente all’argento in singolare che presi ai Mondiali del 1998 a Parigi. Un’altra pagina speciale fu la partecipazione alla rassegna iridata di Taipei. La Nazionale era composta da 12 atleti e fui l’unico a portare a casa un bronzo in singolare. Non dimenticherò mai neppure i risultati conseguiti all’Open degli Stati Uniti. Nel 1998 a Houston, in Texas, fui oro nel singolare di classe 4, argento nell’Open e bronzo a squadre. Nel 1999, 2000 e 2002 il torneo si svolse a Fort Lauderdale, in Florida, e  mi assicurai un oro e un bronzo nell’Open e altrettanti di classe, oltre a un argento a squadre».
Lei ha anche un rapporto particolare con i Campionati Italiani, non è vero?
«Beh, direi proprio di sì, se è vero che in tutto ho conquistato una settantina di titoli. Sono 22 solo nell’Open e nel singolare di classe 4, un record. Sono abituato a vincere agli Assoluti, ma gli ultimi quattro scudetti che ho colto quest’anno a Giaveno mi hanno dato più soddisfazione dei precedenti. Era la prima edizione sotto l’egida della Fitet e mi sono sentito circondato da una maggiore attenzione».
La sua stagione internazionale è iniziata con l’oro e l’argento a squadre di Lignano e Piestany.
«A Piestany, in Slovacchia, io e Nicola Molitierno abbiamo perso la finale, ma abbiamo incontrato i francesi Martin e Thomas, che occupano la prime due posizioni del ranking mondiale della classe 4. Sono soddisfatto perché li abbiamo battuti nel doppio per 3-1 e nell’ultimo singolare ho impegnato Martin, il migliore del mondo, fino al quinto set. Ho dimostrato di essermi molto avvicinato al suo livello, grazie agli allenamenti mirati che sto facendo al Tt Torino, per migliorare il rendimento contro avversari che utilizzino i puntini».
Come spiega invece le prestazioni deludenti nei tornei individuali?
«Mi sentivo particolarmente stanco. Penso di aver patito la preparazione di sei ore al giorno che abbiamo sostenuto dal 15 al 19 aprile al centro paralimpico di Lignano Sabbiadoro. Il 20 siamo partiti per Piestany e in auto abbiamo percorso 750 chilometri. Ho dovuto giocare sempre alle 9 del mattino e ne ho risentito. Non mi capitava da 5-6 anni di essere eliminato nel girone del singolare di classe e di uscire al primo turno dell’Open. Pazienza, guardo avanti».
Quali saranno i prossimi appuntamenti?
«Sarò al via a Lasko, in Slovenia, e poi a fine giugno a Bilbao, in Spagna, e nella seconda settimana di luglio a Nantes, in Francia».
Qual è il suo obiettivo per i Mondiali in Corea?
«Sogno di giocare bene e di conseguire un buon risultato. Se poi arriverà il podio sarà tanto meglio. In quelle manifestazioni è terribilmente difficile emergere, perché ci sono tutti i migliori. Vorrei riuscire in questi mesi a intensificare i miei allenamenti, cercando di fare due sedute alla settimana al Tt Torino e tre a casa mia, dove ho una palestra che si presta molto bene. Ne ho parlato con Matteo Quarantelli, il direttore tecnico della Fitet, e penso che ci si possa orientare in questa direzione. Per me sarebbe un bell’aiuto, per arrivare nella forma ideale ai Mondiali».
Lei, oltre che atleta, è anche testimonial della Kinder + Sport. Come vive questo ruolo?
«Ne sono molto orgoglioso. Nel 2008, prima di partire per le Paralimpiadi di Pechino, ricevetti una telefonata dal Lussemburgo, che mi convocava per un incontro nella sede di Pino Torinese. Il mio impegno con loro durerà fino ai Giochi di Londra 2012. In questa veste svolgo delle esibizioni o partecipo alle premiazioni delle manifestazioni sportive organizzate da loro. Sono in squadra con gente del calibro di Valentina Vezzali, Andrew Howe e Josefa Idem e sono l’unico disabile con il ciclista Fabrizio Macchi. È anche una bella responsabilità, perché abbiamo a che fare con i giovani e dobbiamo rappresentare per loro dei buoni esempi».
Roberto Levi