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Intervista alla dott.ssa Sofia Tavella, psicologa impegnata professionalmente nel mondo sportivo che ha aperto un discorso di collaborazione con la Fitet.

Dottoressa Tavella, si sente sempre più spesso parlare di psicologia applicata al mondo dello sport, ma che cos’è, che funzione ha e come usarla?
La psicologia è lo studio della mente e delle emozioni. E’ lo studio della personalità e delle interazioni con l’ambiente. E’ lo studio della scoperta e del. E’ lo studio dell’analisi, del controllo e dell’attivazione delle risorse dell’ambiente (per es. la squadra, la società di appartenenza dell’atleta o di chi si occupa di lui a vari livelli). Nell’ambito dello sport la psicologia può avere svariate funzioni, le più importanti delle quali sono la formazione dell’atleta così che sia messo nella condizione di far uso di tutte le proprie risorse psico-fisiche, dalla preparazione mentale (cioè dalla possibilità di scoprire, allenare e di preparare le abilità della mente che servono per l’attività agonistica) alle tecniche della performance. Per ottenere questo risultato il processo psico-educativo alla motricità comincia con il bambino. Dunque, gli istruttori dei giovani, che preferisco chiamare educatori, devono acquisire più preparazione psicologica degli altri. La psicologia dello sport si occupa poi del singolo atleta. Un intervento, tuttavia che non trasforma lo stesso in un paziente da curare ma che lo sostiene, qualora sia necessario, nel recupero della motivazione o dell’autostima. Ma la vera funzione della psicologia dello sport è infatti quella di aiutare l’atleta a scoprire le qualità psico-fisiche specifiche di cui è portatore e ogni sua riposta potenzialità per svilupparle poi e adattarle alla particolare pratica sportiva da lui stesso scelta. Tutto ciò è possibile nella misura in cui gli adulti di riferimento per l’atleta, seppure in ruoli diversi, si pongono con un atteggiamento di collaborazione e non di competizione o di conflittualità al fine di costruire un clima emotivo adeguato a motivare,sostenere e guidare il comportamento dell’atleta verso le mete prefissate.

Quale può essere lo specifico professionale di uno psicologo in una squadra di giovani atleti di tennis tavolo?
Se per psicologia dello sport intendiamo la scienza che si interessa di tutto ciò che l’atleta è e fa, e di ciò che esula dai suoi mezzi fisici e tecnici, non possiamo dire che ve ne sia una per l’individuo e una per il gruppo. Anche se è ovvio che certi interventi psicologici possono essere diversi e più mirati. Il tennis tavolo è un tipo di sport che potremo definire individuale. Ma che per tanti aspetti prevede anche il lavoro in gruppo. E’ uno sport che mette insieme esaltandole sia la potenza che la sensibilità fine, sia la forza esplosiva che la sua trasformazione in “leggerezza”, leggiadria, tocco “tenue”, sfumato, fino ad essere quasi impercettibile ma comunque efficace. In questo caso il lavoro dello psicologo sull’atleta ha per obiettivo quello di affinare la capacità dello stesso di passare, nel giro di pochi attimi, dall’uso della forza esplosiva all’uso della leggerezza, del tocco “silente”. Dunque un lavoro sulla concentrazione e sulla mobilità non solo psico-fisica, ma interiore, per arrivare a trovare quelle condizioni di massimo rendimento e correggere tutto ciò che lo impedisce. Se consideriamo invece, il tennis tavolo nel suo aspetto più collettivo tipico degli sport di squadra, l’intervento dovrà essere mirato a sviluppare abilità quali: non lasciar sviluppare conflitti o a risolverli, favorire modi comuni di pensare, di produrre idee e quindi una comunicazione più efficace; far convogliare gli sforzi dei singoli verso obiettivi comuni e favorire la cooperazione.

Che tipo di contributo ci si può aspettare pensando all’educazione attraverso lo sport in riferimento ai soggetti adulti (atleti, tecnici, dirigenti, genitori?)
Gli adulti, mediante l’educazione sportiva possono attivare interventi che portino l’atleta a esercitare in modo costruttivo e responsabile la creatività personale e l’iniziativa fisica e mentale. Forniranno pertanto: una visione realistica delle difficoltà e dei compiti; la capacità di individuare e raggiungere sempre nuovi traguardi; la ricerca e lo sviluppo in se stessi di tutto quanto è allo stato potenziale; una conoscenza sperimentata dei propri mezzi e la capacità di impiegarli al massimo livello di funzionalità ed efficacia; la responsabilità nei confronti del proprio rendimento e infine la disponibilità a modificarsi e ad evolvere. Anche l’adulto ovviamente va formato ed educato a questi compiti facili da enucleare e difficili da aplicare.

Quali sono le competenze dello psicologo in relazione agli atleti di alto livello?
Gli atleti di alto livello sono individui esperti sottoposti a situazioni che mettono continuamente alla prova la loro capacità di saper reagire positivamente alle condizioni di gara. Basti pensare a un pongista che per entrare in una gara di prestigio internazionale o in una finale olimpica può commettere solo pochissimi errori. Si tratta di situazioni correlate a stati di tensione psicologica ai limiti della sopportabilità; stati che un atleta deve imparare a gestire in modo efficace. Pertanto le tecniche di autoregolazione dello stress o di allenamento dell’attenzione possono fornire strumenti utili così che lo stress non ostacoli ma esalti la prestazione sportiva.

Guardando al futuro quali obiettivi?
Lavorare nel contesto giovanile implica oltre a una grande preparazione e professionalità anche una buona dose di sensibilità, intuizione empatica e capacità di ascolto. I ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati e visti nei loro bisogni. Come atleti destinati forse a raggiungere mete sempre più elevate da un punto di vista del risultato sportivo e agonistico necessitano di quella particolare attenzione che non releghi sullo sfondo ciò che sono come persone. Al centro di ogni intervento c’è dunque la persona, il suo modo di essere, le sue idee, le sue ambizioni, il suo costante desiderio di migliorare e di vincere. L’educatore e lo psicologo, dovrà avere come obiettivo primario quello di curare la relazione con i giovani atleti e con l’intero staff di tecnici ed operatori che lavorano con l’atleta per rendere l’insuccesso o l’insuccesso un fattore di crescita della persona nella sua interezza.