Banner MINI bando Over65 B 3

I recenti Campionati Mondiali di Gwangju, in Corea del Sud, hanno celebrato, ancora una volta, la forza delle nostre atlete in carrozzina. Del quartetto di ferro che si è aggiudicato un argento di prestigio assoluto alle spalle della Cina, con Michela Brunelli, Pamela Pezzutto e Clara Podda, fa parte anche una giovane di grande talento e di altrettanta determinazione, che ha bruciato le tappe ed è entrata nel gotha internazionale in giovanissima età. Federica Cudia, siciliana di Mazara del Vallo che ha ricevuto dal Coni l’“Oscar dello sport”, non ha ancora 21 anni e può già vantare un curriculum da far morire d’invidia molte pongiste con maggiore esperienza. Una medaglia alle Paralimpiadi, che per qualsiasi sportivo rappresenta l’obiettivo massimo di una carriera, per lei è stata il primo risultato in una grande manifestazione mondiale.
Federica, per lei i Giochi di Pechino sono stati solo l’inizio?
«In effetti è così, quell’argento a squadre conquistato a 18 anni per me ha rappresentato un punto di partenza e non certo di arrivo. Ricorderò sempre il mio singolare in semifinale, in cui sconfissi per 3-1 l’inglese Catherine Mitton. Prima Michela aveva superato per 3-0 Neil Dzaier e subito dopo nel doppio Clara e Pamela s’imposero per 3-0. Eravamo in finale e già quello era un sogno. Contro la Cina non giocai e feci il tifo per le mie compagne. Le sensazioni che ci regalò quel secondo posto furono indescrivibili. Ogni qualvolta ripenso alla cerimonia del podio, in un Palazzetto stracolmo di gente, e alla bandiera italiana che saliva sul pennone, le emozioni si rinnovano».
Le ha provate anche a Gwangju?
«Le emozioni di Pechino sono state impareggiabili e presumo che lo rimarranno anche in futuro. A renderle tali hanno contribuito il fatto che per me fu la prima volta a quel livello e che l’atmosfera era veramente molto coinvolgente. Il tifo era incredibile e ci sentivamo addosso gli occhi di migliaia di persone. In Corea la partecipazione è stata molto più tiepida. Per quanto riguarda noi atlete, abbiamo sofferto molto, perchè fino alla fine non c’è stata la certezza di riuscire ad andare in finale. Dopo il successo nel confronto contro la Giordania, nel quale ho disputato il doppio, la sfida contro la Gran Bretagna è stata tiratissima. Le inglesi, che stanno preparandosi per le Paralimpiadi di Londra del 2012 e sono in grande crescita, ci hanno impegnate allo stremo».
In mezzo ai due argenti c’è stato il secondo posto agli Europei di Genova.
«Fu bellissimo, perché lo conquistammo in casa. Anche la mia prima presenza in maglia azzurra a una rassegna continentale fu in Italia, nel 2005 a Jesolo. Allora feci squadra con Marisa Nardelli».
Si ricorda la sua prima trasferta all’estero?
«Fu all’Open di Città del Capo nel 2005. L’anno precedente avevo vinto la mia prima medaglia in un torneo internazionale, all’Etna’s Cup di Catania. Fu un argento a squadre. In Sud Africa andai a segno due volte, perché al bronzo a squadre aggiunsi il primo bronzo in singolare. Veramente fantastico».
Ma quando iniziò la sua passione per il tennis tavolo?  
«Lo conobbi quando avevo sei anni. A quell’età provai  a fare anche un po’ di atletica leggera. Non mi piacque, perché giocavo contro persone troppo più grandi di me e non mi divertivo affatto. Mi ci riaccostai a 11 anni, grazie a dei ragazzi che incontrai in un centro di riabilitazione, e il praticarlo con dei miei coetanei me lo fece amare moltissimo. Entrai in una società, l’Associazione Sportiva Disabili di Mazara, in cui rimasi fino al 2008, quando cambiai e andai nel Mediterranea Casa».
Ora ha addirittura un club che porta il suo nome. Ne è orgogliosa?
«Mi fa molto piacere. Tutto partì da un persona che voleva aprire un’attività in una palestra con ragazzi normodotati. Il progetto non andò a buon fine e per ora sono l’unica tesserata dell’Asd Federica Cudia. L’idea di creare una scuola di tennis tavolo è comunque ancora valida e sarà certamente un obiettivo che cercheremo di raggiungere. A Mazara mi conoscono un po’ tutti, mi fermano per strada per salutarmi e farmi i complimenti. Vorrei poter rappresentare un buon esempio per altri ragazzi che siano nelle mie condizioni e aiutarli ad apprezzare questo sport».
La sua famiglia l’ha sempre sostenuta?
«Mia mamma Piera e papà Sebastiano hanno sempre condiviso le mie scelte e mamma mi ha spesso accompagnato nelle trasferte agonistiche. Se ho ottenuto dei buoni risultati lo devo anche al loro sostegno. Un ruolo determinante hanno avuto anche il coach della Nazionale Alessandro Arcigli e il presidente Paolo Puglisi, che ora ci rappresenta all’interno della Fitet. Mi sono sempre stati e mi sono tuttora molto vicini. Per me sono delle presenze preziose».
Come ha fatto a conciliare gli impegni di gare e allenamenti con la scuola?
«In effetti non è stato facile. Dopo aver lasciato l’attività nel 2006 per un intervento, il mio 2007 è stato intenso, alla caccia della qualificazione paralimpica. Disputai ben 11 tornei internazionali, con molte belle soddisfazioni, come l’oro in singolare a Cluj-Napoca, in Romania, l’oro a squadre alla Copa Tango di Buenos Aires e la tripletta all’Atlantic Cup di Mar del Plata, sempre in Argentina. Mi piazzai prima a squadre e in singolare di classe e terza nell’Open. Allora frequentavo il quarto anno dell’Istituto Tecnico Commerciale. Feci un po’ di assenze a scuola, ma appena rientravo a casa il giorno dopo tornavo sui banchi. Il mio rendimento non ne risentì».
E come fece con la Maturità?
«Mi ero già qualificata per Pechino e nel primo semestre del 2008 partecipai soltanto a quattro tornei. Potei dedicarmi di più allo studio, anche perché quando faccio qualcosa mi piace farla bene. Mi sono diplomata con 93/100. Poi ho deciso, per ora, di concentrarmi a tempo pieno sul tennis tavolo».
Nel corso del tempo come sono cambiati i suoi allenamenti?
«Fino al 2009 mi sono allenata a Marsala. Ogni volta facevo la spola ed ero costretta a studiare di notte. L’anno scorso iniziai ad andare a Palermo da Marzia Bucca, un tecnico molto preparato che ha tutta la fiducia del ct Arcigli. Da gennaio 2010, su consiglio di Alessandro Arcigli, ho cambiato entrambe le gomme e con Marzia abbiamo dovuto lavorare molto per metabolizzare queste novità».
Ci spieghi meglio.
«Prima avevo una liscia sul diritto e una puntinata lunga sul rovescio, ora abbiamo adottato una puntinata lunga sul diritto e un’antitop sul rovescio. Alessandro ha deciso di cambiare le cose perché commettevo troppi errori. Con la liscia giocavo d’anticipo, mentre ora rallento di più. Con il rovescio posso appoggiarmi di più al gioco delle avversarie».
A che punto è dell’assimilazione?
«Quando attacco con il diritto, siccome la palla è tagliata, faccio punto molto più spesso. Talvolta però ho il timore di rischiare e invece devo acquisire maggiore fiducia nel colpo. Tra gli aspetti da migliorare inserisco anche il servizio, che rappresenta più del 50% del nostro gioco. Devo imparare a essere più precisa».
Si allena molto in palestra anche in questo periodo?
«In queste settimane mi sto concentrando sulla mia schiena. Faccio tre sedute alla settimana in piscina e altrettante di fisioterapia. Penso che porterò avanti l’attività in acqua anche in futuro».
C’è tempo nella sua vita per gli hobby?
«A essere sincera abbastanza poco. Mi piace fare shopping, come un po’ a tutte le ragazze, e leggere i romanzi e i libri di avventura. Ascolto anche la musica e la mia cantante preferita è Laura Pausini».
Dopo aver vinto già così tanto, quali sono i prossimi traguardi pongistici?
«Su tutti c’è la qualificazione alle Paralimpiadi di Londra. Sarebbe poi bello vincere una medaglia in singolare, magari agli Europei o addirittura ai Mondiali. Spero che non rimanga un sogno, ma mi rendo conto che sarà difficilissimo, considerata la concorrenza». Roberto Levi