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Silvia Capasso pongista e medico Silvia Capasso è una storica atleta tesserata per il Tennistavolo Eureka di Roma. È però anche un medico ed è impegnata nella lotta al Covid-19. Ecco come ci racconta la sua esperienza professionale, immaginando la battaglia quotidiana come una partita di ping pong.

Grazie Silvia per la tua testimonianza, è attraverso persone come te che possiamo farcela.

“Immaginate di partecipare a un torneo importante, che so, le Olimpiadi, anche se gli agonisti veri diranno che ogni torneo è importante, pure quello condominiale. Direi anche quello familiare.

Immaginate di incontrare una squadra forte da far paura, che la prima volta vi fa malissimo, e quasi vi stordisce e vi fa passare la voglia di giocare.

Immaginate che, dopo la botta, per la tigna dei vostri giocatori, riusciate comunque ad arrivare alla partita di ritorno e che il vostro allenatore, nel frattempo, scopra una cosa importante: i vostri avversari sono fortissimi, ma hanno uno schema solo, e mentre con la palla sul diritto vi prendono a pallettate velenose, se gliela mettete TAGLIATA, CORTA, SUL ROVESCIO non riescono a rispondervi efficacemente. E, a metà partita, scoprite che c’è un servizio che non riescono a rimandare oltre la rete.

Come squadra vi organizzate e cominciate a giocare esattamente così, palle tagliate, corte, sul rovescio, anche se è noioso, anche se di tanto in tanto vi parte la brocca e dovete fare i vostri colpi preferiti sennò impazzite. Ne fate uno, le prendete sulle orecchie, e via di nuovo, noiosamente, tagliate, corte, di rovescio. E iniziate a servire in quel modo strano che gli avversari non capiscono.

E la partita si allunga, punto dopo punto, giocatore dopo giocatore, chi più chi meno soffrendo l’avversario e i suoi improvvisi scarti di lato, che gli permettono devastanti top di diritto, proprio mentre voi vedete la fine della sfida che invece si allunga ancora e ancora e ancora ...

Così è la partita col COVID. Dobbiamo giocare sempre allo stesso modo: distanziamento, mascherina, lavare le mani, ossessivamente, giocare tutti la nostra gara. Dobbiamo servirgli il vaccino, quale che sia, per aumentare il vantaggio quando la battuta è nostra.

Io gioco la mia partita con i fondamentali che ormai conosco a memoria e faccio il possibile per i giocatori infortunati.

Finché, giocando tutti come una squadra ben allenata, vinceremo questa Olimpiade contro un avversario subdolo, infame e baro, ma sostanzialmente fesso.

E potremo tornare a giocare per il piacere del gioco”.