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Gianfranco Paglia consigliere FITeTLa famosa locuzione latina di Giovenale Mens sana in corpore sano, diventata poi patrimonio di tutti, ben chiarisce come per i Greci l’educazione fisica e intellettuale fossero importanti allo stesso livello, essendo complementari, per raggiungere la perfezione umana. L’educazione del corpo, le gare, le sfide erano incoraggiate non solo per rendere i giovani forti e pronti alla guerra, ma anche per dare loro la forza per sostenere le fatiche e le contrarietà della vita. La forza del corpo e la forza dello spirito, rappresentavano un binomio inscindibile per il raggiungimento degli obiettivi. Così come accade per il Tennistavolo: allenamento del corpo e della mente contemporaneamente, praticato a tutte le età.

«È per me da considerarsi una disciplina completa, come l'hanno definita gli stessi ricercatori della Nasa».

A parlare è il consigliere Gianfranco Paglia, che nel corso di questi tre anni ha presieduto la delicata commissione riguardante lo Statuto e i Regolamenti.

«Ben consapevoli che bisognava stare al passo con i tempi, il testo del nuovo Statuto è stato frutto di un lavoro lungo e impegnativo, condiviso collegialmente, e non rappresenta novità solo in materia di equa attribuzione di voti plurimi, ma costituisce un impianto nuovo e organico per il funzionamento della Federazione, così come chiesto da più parti».

È quindi soddisfatto?

«Sì, perché è stato un lavoro di squadra e sono stati messi da parte gli interessi personali. Il nuovo Statuto punta molto sui giovani e rivolge ancora di più lo sguardo al mondo paralimpico. E questo, rappresenta per me, un grande atto di civiltà».

Negli ultimi anni, lo sport paralimpico sta destando sempre più interesse mediatico e non solo, anche nell’ambito del tennistavolo i risultati raggiunti sono eccellenti. Come lo spiega?

«Sicuramente è cambiata la società e c’è molta più sensibilità verso un mondo che fino a qualche tempo fa era visto come un limite. Il progresso ha fatto ben comprendere, e per fortuna, che la disabilità può essere una risorsa. Lo sport in questo è stato anticipatario di un nobile messaggio, ossia che attraverso la pratica sportiva si abbattono tutte le barriere, non solo architettoniche, ma soprattutto mentali. Io, per esempio, pur perdendo, ho sempre giocato con i normodotati e mi sono divertito moltissimo. Lo sport, quello vero, non ha colore e soprattutto unisce i popoli, anche quelli che sono stati in conflitto. Il Primo Torneo svolto in Kosovo ne è un esempio. Non è da sottovalutare, poi, la qualità degli istruttori, che è notevole».

Cosa state facendo, come Consiglio Federale, per favorire la crescita dei migliori talenti?

«Stiamo lavorando molto in tal senso, anche per dare supporto a quei ragazzi, che, allontanandosi da casa, si trovano in un ambiente nuovo e lontani dalle cose più care. È compito della Federazione fare in modo che tutto sia confortevole, perché non ci siano dei ripensamenti e nessuno molli, altrimenti sarebbe una sconfitta per tutti. Bisogna puntare molto sui giovani, facendo conoscere meglio questo sport e iniziando a parlare nelle scuole. Investire sui tecnici, dando loro la possibilità di migliorarsi in Italia, ma anche all’estero, soprattutto in quelle Nazioni dove il tennis tavolo è considerato sport nazionale. La nostra è una base di 21mila tesserati e spero che si possa ampliare, fiducioso nei progetti che continueranno a essere presentati nei vari istituti scolastici».

Cosa le ha dato il tennistavolo da un punto di vista umano?

«È una vera passione, ci giocavo ma l’ho apprezzato molto in Libano nel 2007, quando ero in missione. Vedevo, dopo la fine del lavoro, gli allenamenti di un Maresciallo della Folgore, che poi è diventato il mio allenatore, trasferendomi il suo entusiasmo».

Invece la sua esperienza in Federazione, come la valuta?

«Sicuramente positiva, desidero ringraziare il presidente, che ci ha dato libertà di azione, e tutti i componenti della commissione, che sono sempre venuti a Roma gratuitamente, supportando e sopportando anche il mio comportamento da militare, ma sono fatto così ...(sorride)».