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Patrizio Deniso meetingSi è svolta a Lignano Sabbiadoro la prima giornata del secondo Meeting del Progetto Italia, importante occasione di confronto fra le varie componenti del pongismo nazionale. In apertura il presidente della FITeT Renato Di Napoli ha dato il benvenuto a tutti gli intervenuti e a coloro che erano collegati in diretta streaming dalle loro case, grazie alla trasmissione in onda sulla Web Tv. Il numero uno federale ha poi passato la parola a Matteo Quarantelli, direttore tecnico dell’attività giovanile, che ha introdotto la due giorni e presentato il programma. Nel suo intervento ha sottolineato l’importanza del lavoro che quotidianamente viene portato avanti nelle palestre e di quanto sia fondamentale la gestione delle risorse per renderlo ancora più efficace.

Per la prima volta è stato proiettato un filmato girato recentemente al Centro Federale di Formia, che ha illustrato, attraverso le immagini e le parole del direttore del Centro di Preparazione Olimpica di Formia Davide Tizzano, del direttore tecnico Alto Livello Patrizio Deniso, dei tecnici federali Antonio Gigliotti, Sebastiano Petracca, Valentino Piacentini e Lorenzo Nannoni, degli atleti Alessandro Baciocchi, Carlo Rossi e Jamila Laurenti e del fisioterapista Damiano Viscusi, la quotidianità dell’impegno e gli obiettivi che puntano alle Olimpiadi di Tokyo 2020.

Ha poi preso il microfono il dt Deniso, che ha esordito sottolineando l’importanza del lavoro nella costruzione di un percorso di crescita di un atleta, che parta dal settore giovanile per arrivare all’alto livello assoluto. «La scuola italiana deve essere la condivisione di un progetto, che è necessario coinvolga anche gli atleti che attualmente non lavorano a Formia, i loro tecnici e i dirigenti delle loro società. La filosofia dovrà essere insomma condivisa. Esistono delle linee guida che andranno però sviluppate a seconda del materiale umano che si avrà a disposizione. La programmazione può essere definita come l’organizzazione delle risorse disponibili al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati in tempi determinati e con i metodi più opportuni. Per sviluppare una buona tattica bisogna avere una buona tecnica ed è fondamentale anche l’atteggiamento. La tecnica rappresenta dunque il mezzo per arrivare a fare risultato, non il fine. Più è elevato il livello tecnico e più è alta la possibilità di sviluppare una giusta tattica. A seconda delle categorie d’età i lavori, devono essere differenti e devono rispettare determinati step progressivi. La medaglia olimpica non deve essere un obiettivo primario, ma secondario. Il primario è il lavoro che permette di migliorare, alzando il livello. Spesso si pensa al risultato senza incidere sull’allenamento. Il tennistavolo mondiale è prevalentemente in Asia. In campo maschile l’Europa con 21 nazioni ha il 53% dei giocatori dei primi 100, mentre l’Asia con 8 Paesi ha il 41%, l’Africa il 2%, l’America del Nord l’1%, come l’America del Sud. Fra le donne l’Asia con 9 nazioni copre il 57%, con l’Europa attestata al 40%, il Nord America al 2% e l’Africa all’1%. L’età media asiatica è inferiore rispetto a quella europea, fra gli uomini 25 anni contro 30. Nel femminile la differenza è di 8 anni. L’Europa è vecchia. È quindi determinante lavorare sui giovani e noi lo stiamo facendo». A chiusura del suo intervento è stata proiettata una clip incentrata sugli esercizi di base che vendono effettuati a Formia per il miglioramento dei vari colpi. Le medaglie, infatti, si vincono in allenamento

Alessandro ArcigliIl direttore tecnico paralimpico Alessandro Arcigli ha ricordato le 6 medaglie conquistate in tre Paralimpiadi, le 6 in tre Mondiali e le 32 in 6 Europei sotto la sua gestione e ha sottolineato l’importanza del progetto che si sta perseguendo di creare un Centro Federale residenziale. «Sarà fondamentale per poter totalizzare mille ore di allenamento all’anno per 10 anni, obiettivo imprescindibile per arrivare a esprimersi ai massimi livelli. Si stima che in Italia vi siano 3 milioni di portatori di disabilità e il nostro compito è di attingere a questo potenziale bacino di utenti, facendo promozione nelle Unità Spinali per quanto riguarda l’attività in carrozzina e nelle scuole per quella in piedi. Il tennistavolo è attività che garantisce una forte integrazione fra atleti paralimpici e olimpici e mi viene in mente una sola altra disciplina con le stesse qualità, il tiro con l’arco. L’allenatore deve personalizzare l’allenamento in modo tale da sfruttare al massimo le abilità di un atleta a scapito delle disabilità del suo avversario. Nel nostro mondo sono fondamentali i materiali, ovvero le gomme e le dimensioni delle racchette, ma anche le caratteristiche delle carrozzine, che abbiamo cercato di perfezionare. La classificazione differenzia il tennistavolo paralimpico da quello olimpico. Dal 1992 la classificazione era generale, successivamente è diventata tecnica e dunque diversificata a seconda dello sport preso in considerazione. Il tennistavolo è la disciplina con il maggior numero di classificazioni e questo è il secondo punto di forza dopo l’integrazione. I nostri pongisti gareggiano poco a livello nazionale e molto in ambito internazionale e rispetto al tennistavolo olimpico i tempi di durata di una carriera sono più lunghi». Il dt ha poi spiegato le caratteristiche che contraddistinguono le cinque classi di atleti in carrozzina (1-5), le altrettante degli atleti in piedi (6-10) e quella dei diversamente abili intellettivi (11).

Matteo QuarantelliL’attività sportiva declinata al giovanile ha chiuso la giornata e ha avuto per relatore nuovamente Matteo Quarantelli:«In Italia i ragazzi che nell’età scolare fanno attività sportiva sono molti e questo numero poi si riduce. Per costruire un movimento di una pratica sportiva, ci vogliono risorse, idee, tempo e competenze. Se abbiamo dei giovani che fanno sport dobbiamo ringraziare i loro genitori. In abito sportivo oggi ci sono almeno 20 professioni diverse, mentre una volta si parlava sono di allenatori. Tutti insieme dobbiamo fare uno sforzo per effettuare un salto in avanti, avendo un’idea del traguardo e inquadrando delle tappe per crescere Oggi si occupano di giovani al nostro interno la FITeT, le società sportive e i Comitati Regionali. Ciò che facciamo deve essere legato a una condivisone di esperienze, che porti i ragazzi a essere autonomi. Quello che abbiamo fatto è già valore importante, che può essere migliorato. Ci troviamo in una realtà complessa perché siamo in un Paese grande, che può lavorare meglio con una maggiore consapevolezza. L’intendimento nel tempo è stato di creare una rete di disponibilità e responsabilità sul territorio. La figura del referente regionale è diventata rilevante in funzione di esigenze che sono cresciute. Altro passaggio significativo è stato che il Comitato Regionale nel tempo ha assunto un ruolo. Molte delle risorse dei Comitati sono rivolte a sostenere l’impegno nei confronti dei giovani. Le esigenze di chi pratica sono cambiate e ci mettono in difficoltà rispetto al passato. Dobbiamo pensare a modelli che rendano più credibile ciò che facciamo, affinché le famiglie si rivolgano a noi. Dobbiamo porci il problema di come possiamo migliorare la nostra organizzazione. In questi mesi abbiamo fatto un lavoro d’indagine, per capire cosa accada durante un match fra ragazzi di 11-12 anni, finalizzato alla comprensione di cosa si possa fare per aumentare la nostra competitività. Abbiamo creato uno strumento per rilevare moltissime informazioni, dal servizio alla chiusura del punto. Abbiamo esaminato le gare dell’EuroMiniChamps e ci sono delle lacune che non consentono ai nostri ragazzi di arrivare a un gioco coerente. Abbiamo codificato alcuni aspetti che porteranno a modificare alcune scelte sul lavoro che svolgeremo in palestra. Abbiamo anche cercato di estrapolare alcuni secondi di un match di atleti di riferimento, per cogliere le scelte che stanno alla base di certi risultati. Nei giovani dobbiamo ricercare e promuovere la passione per il nostro sport, la disponibilità al movimento e allo sforzo fisico, il piacere per il gioco e la disponibilità all’apprendimento e alla trasformazione. Secondo il grande Pietro Mennea la fatica non è mai sprecata, soffri ma sogni molto. È una frase che sottoscrivo e mi augurerei di sognare molto».