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Già da qualche anno la Nazionale di tennis tavolo disabili, soprattutto al femminile, vive di certezze. Ci sono atlete che, in qualsiasi manifestazione in giro per il mondo, sono capaci di conquistare medaglie e di tenere alto il nome del nostro Paese. Una di loro è Michela Brunelli, la 35enne di Bussolengo, in provincia di Verona, che gioca in classe 3 e finora nella sua carriera ha vinto l’argento a squadre alle ultime Paralimpiadi di Pechino, un argento e un bronzo in team ai Mondiali e un oro e due argenti a squadre e un bronzo in singolare agli Europei. Nel giugno del 2007 di lei si parlò molto, perché ai Campionati Italiani di quarta categoria per normodotati si aggiudicò il singolare e il doppio con Valeria Zorzetto, la vicentina argento individuale ai Giochi di Atene 2004. Il 2010 della Brunelli è iniziato all’insegna delle novità, perché ha cambiato squadra, entrando a far parte del Tennis Tavolo Torino, e tecnico, e come sempre dei successi. Fra i Campionati Italiani Assoluti di Giaveno e il Master Open di Lignano Sabbiadoro ha disputato sette gare e collezionato altrettante medaglie: un oro tre argenti e tre bronzi.
Michela, partiamo proprio da Giaveno?
Beh, direi proprio che si sia trattata di un’edizione positiva dei tricolori. Sono molto contenta di avere vinto la competizione a squadre con Salvatore Caci. Per quanto riguarda le competizioni individuali, nelle quali mi sono sempre fermata all’argento, è chiaro che qualche recriminazione mi è rimasta. Nel singolare di classe 3-4-5, in finale contro Valeria Zorzetto avevo in mano la partita. Ero avanti per due set a zero e nel terzo ho anche avuto due match-point. Nel doppio io e Clara Podda eravamo la coppia più consolidata. Non siamo riuscite a sfruttare il nostro affiatamento per battere  Valeria e Pamela Pezzutto, che erano senza dubbio un duo più improvvisato».
Anche a Lignano non si è risparmiata, con tre bronzi in tre gare. Soddisfatta?
«Soprattutto del piazzamento che ho ottenuto nell’Open. Nei quarti di finale ho sconfitto per 3-1 l’inglese Sue Gilroy, che è la numero 3 al mondo in classe 4. Purtroppo in semifinale sono stata battuta dalla slovena Mateja Pintar, che mi ha eliminato anche nella semifinale del singolare di classe. È un po’ la mia “bestia nera”, non per niente è anche la migliore della mia categoria. Dovrò studiare qualcosa per cercare di contrastarla in futuro. Anche nel torneo a squadre, con Clara Podda, la finale era alla nostra portata. In semifinale contro la Francia abbiamo perso il doppio e poi ho ceduto il terzo singolare a Fanny Bertrand, che mi segue in classifica. Diciamo, comunque, che nel complesso non mi posso lamentare di questo inizio di stagione. Certo, forse avrei potuto fare qualcosa in più, ma mi consolo pensando che avrebbe anche potuto andare peggio».
In cosa pensa di dover lavorare per migliorare il suo gioco?
«Tecnicamente mi sento bene. Ultimamente ho adottato una gomma nuova e dunque devo dedicare del tempo per conoscerla sempre meglio e farla mia. Penso di non avere punti deboli particolari dal punto di vista dei colpi. Un elemento su cui mi devo concentrare è invece la pazienza. Nel nostro sport è fondamentale limitare il più possibile il numero degli errori e io devo trovare la forza di tenere lo scambio e aspettare, senza farmi prendere dal desiderio di aggredire la palla a tutti i costi. Mi rendo conto, comunque, che sto già progredendo sotto questo aspetto».
Cosa ci racconta delle novità di questo suo 2010?
«Prima di tutto ho cambiato club. Ho lasciato il San Marco Borgo Milano di Verona, con cui ero dal 2001. Non sono stata coinvolta in alcune questioni societarie e  mi pesava la mancanza di trasparenza. Erano venute meno anche le motivazioni e non me la sono sentita di andare avanti. Il Tennis Tavolo Torino mi ha concesso tutto quello che ho chiesto e sono convinta che ci siano i presupposti affinché il rapporto che abbiamo instaurato sia duraturo. Voglio continuare a vincere con i nuovi colori e, se possibile, a fare ancora meglio che in passato. Continuo ad allenarmi a Verona e se ci sarà la possibilità mi recherò periodicamente a Torino».
A proposito, con chi si allena?
«Da gennaio ho un nuovo tecnico. Mi segue quotidianamente Cristina Semenza (prima categoria e n. 8 d’Italia della graduatoria Fitet, ndr), che è coadiuvata dal marito Alberto Pasqualini. Cristina si è appassionata al gioco in carrozzina e con lei mi trovo molto bene. Il ct Alessandro Arcigli ha voluto che fosse presente all’Open di Lignano ed è stata in panchina nel match per il terzo e quarto posto del torneo a squadre, che abbiamo vinto contro l’olandese Paardekam e la francese Gay».
In occasione dei Campionati Italiani di Giaveno è stata eletta rappresentante del tennis tavolo nella Commissione Nazionale atleti del Comitato Italiano Paralimpico. Cosa significa per lei?
«In realtà è un ruolo che ho già svolto nel 2009, anche se non ero stata eletta ufficialmente dai colleghi. Ero stata chiamata dal Cip, perché avevo i requisiti di esperienza, e avevo accettato. Penso che in questo secondo mandato potrò essere più operativa».
In questa veste, quali sono le tematiche che le stanno più a cuore?
«Vorrei che si riuscisse a ottenere una parità di trattamento fra gli atleti normodotati e i disabili, in termini di partecipazione ai ritiri o agli stage. Sicuramente il nuovo centro federale paralimpico di Lignano Sabbiadoro ci aiuterà ad affermare una tendenza del genere. Sarebbe poi molto importante introdurre delle agevolazioni, che sostenessero coloro che vogliono iniziare a praticare il nostro sport. Non tutti possono permettersi di sostenere i costi necessari. D’altro canto bisogna pensare che ampliare la base è importante. Le nuove leve sono fondamentali, perché senza di loro non c’è ricambio».
Altre rivendicazioni da fare?
«Per quanto riguarda gli atleti che raggiungono una posizione di vertice in campo internazionale, sarebbe giusto che la Federazione garantisse un contributo per partecipare a un certo numero di tornei. Le società, senza sponsor, sono in difficoltà e non riescono a svolgere questo compito. Viaggiando e confrontandomi con gli stranieri ho potuto riscontrare che in Francia e nei paesi scandinavi, solo per fare qualche esempio, si investe molto sugli atleti, che vengono considerati dei professionisti. Queste sono solo alcune idee che ho in mente, ma conto anche di ricevere degli utili suggerimenti da parte dei  colleghi che mi hanno eletto loro rappresentante».
Come vive l’ingresso del tennis tavolo paralimpico nella Fitet?
«Con ottimismo. Ho sentito che qualcuno teme che il nostro movimento possa essere discriminato rispetto a quello dei normodotati, ma non condivido questa paura e i primi segnali mi stanno dando ragione. Se le cose non dovessero comunque andare per il verso giusto, il nostro responsabile Paolo Pietro Puglisi e il ct Arcigli e il suo staff potranno darci una mano per risolvere la situazione».
L’appuntamento principale della stagione sarà il Mondiale in Corea. Con quali prospettive si avvicina all’evento?
«Dopo l’argento vinto alle Paralimpiadi di Pechino, anche questa volta punteremo a una medaglia a squadre. La Cina è la favorita per l’oro e ci batteremo con tutte le nostre forze per ribaltare il pronostico. Sul fronte individuale è tutto più difficile, ma il bronzo che nel 2005 conquistai agli Europei di Jesolo e il quarto posto ottenuto a Pechino e agli Europei di Genova del 2009 sono la dimostrazione che se lavorerò bene potrò giocarmela anche per il podio. Al momento sono la numero 5 al mondo in classe 3. La Pintar e la slovacca Alena Kanova sono in effetti ostiche da battere. Davanti a me ci sono anche la svedese Anna Carin Ahlquist e la cinese Li Qian, prima ai Giochi. La svedese è in ascesa e mi ha battuto nella finale per il terzo posto nella rassegna continentale di Genova. Speravo d’incontrarla a Lignano, dove ha poi vinto in finale sulla Pintar, ma era dall’altra parte del tabellone. Vorrà dire che ci ritroveremo a Piestany, in Slovacchia, dal 20 al 25 aprile. Sarà un torneo fattore 40 molto impegnativo».
di Roberto Levi