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F.A. al tavoloIn un periodo in cui i flussi di migranti nel nostro Paese sono quotidianamente oggetto di aspri dibattiti politici, ci sono storie che dimostrano come un'integrazione sia possibile e come spesso sia lo sport a giocare un ruolo determinante. Protagonista della nostra è il 21enne F.A., sulla sedie a rotelle dall'età di 14 anni, che è approdato in Italia a fine 2017 e ora è tesserato per la Top Spin Messina. Il giovane da dicembre vive all'interno del Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) Collereale, di via Sardegna a Messina, gestito da Croce Rossa Italiana - Comitato Regionale della Sicilia. Il suo arrivo nella città siciliana è stato contraddistinto da una complessa fase di adattamento al nuovo contesto, che ha comportato un articolato lavoro di accoglienza e integrazione, proprio per le sue condizioni fisiche e psicologiche e per i bisogni espressi. 

Il Centro, a dicembre scorso, ospitava quasi 100 migranti, ognuno con una storia drammatica e caratterizzata da vissuti traumatici legati a deprivazioni, povertà, violenze fisiche e psicologiche. Quella di F.A , tra tutte, è una delle storie personali che ha colpito maggiormente lo staff professionale del CAS di Croce Rossa Italiana. Sin da subito è stato attivato un supporto psicologico costante e continuativo, unitamente all'avvio dell'iter sanitario per la valutazione della condizione fisica del ragazzo, che ha riferito allo staff di aver vissuto quella che lui definisce una vita "normale" fino ai 13 anni, con una famiglia normocostituita e con una condizione di benessere economico-sociale. All'età di 14 anni (nel 2011), ha raccontato di essere stato colpito accidentalmente, in un conflitto armato, da un proiettile che lo ha raggiunto alla schiena.

Il suo più grande desiderio è sempre stato quello di potersi curare e di contare su quell'assistenza sanitaria che nel suo Paese di origine non poteva avere. Per realizzare questo sogno ha affrontato il viaggio migratorio su un gommone, in precarie condizioni, che lo hanno portato a un grave rischio per la sua incolumità. I primi mesi a Messina sono stati segnati da fasi alterne, in cui intervallava momenti di speranza per il suo futuro a stati di angoscia, preoccupazione e sfiducia per qualsiasi tipo di progettualità a breve e a lungo termine.

In uno dei numerosi colloqui svolti con la psicologa Santa Sicali, che lo ha seguito sin dal suo ingresso, ha espresso il desiderio di praticare il tennistavolo.

F.A. con il tecnico Wang Hong LiangNel mese di aprile F.A. ha conosciuto Alessandro Arcigli, direttore tecnico paralimpico della Federazione Italiana Tennistavolo, e Giorgio Quartuccio, presidente della società pongistica Top Spin Messina, che sorge a poche centinaia di metri dal CAS dove vive. Da maggio F.A. effettua due allenamenti settimanali individuali con l'allenatore della serie A1  Wang Hong Liang e sta attivamente svolgendo un percorso sportivo in cui, a detta dei tecnici, mostra attitudine, inclinazione e abilità. Tanto è vero che ha anche partecipato ad alcuni tornei organizzati a livello locale, traendone soddisfazione.

Su input di Arcigli, l'ex atleta della Nazionale Marco Pizzurro gli ha regalato una sua carrozzina per giocare. Lo staff degli operatori e delle figure professionali del CAS lo accompagna agli allenamenti, seguendo anche i rapporti con l'associazione sportiva, ma sta gradualmente promuovendo l'autonomia di F.A. anche nella gestione della propria attività di tennistavolo, per incentivare sempre di più la sua autoefficacia personale e relazionale.

In un momento critico del suo percorso di accoglienza e integrazione in cui, l'iter per il riconoscimento dello status di rifugiato appariva a F.A. lungo e complesso, la pratica sportiva ha rappresentato uno spiraglio per rendere questa attesa più sopportabile. Oggi il ragazzo ha un regolare permesso di soggiorno e potrà iniziare a progettare il suo futuro qui in Italia, verso una piena concretizzazione dei propri diritti alla salute e a una vita dignitosa, fatta anche di momenti ricreativi come quelli sportivi.

«A settembre - spiega la dottoressa Sicali - ha anche iniziato a frequentare il Centro Provinciale per l'Istruzione degli Adulti, per il conseguimento del diploma di terza media, naturalmente in italiano. Sta dunque anche imparando la nostra lingua. Tornando allo sport, sta aiutando F. A., trasformando il suo limite in risorsa, ad avere rapporti migliori con gli altri. Il tennistavolo gli sta anche offendo l'opportunità di incanalare quella fisiologica rabbia e aggressività in un ambiente sano, con regole condivise. Prima che cominciasse questa attività non lo avevo mai visto sorridere. Quando gioca è un'altra persona e ultimamente anche al Centro sta diventando più sereno. A livello psicologico il suo cambiamento è stato una sorta di miracolo. L'immagine di un cinese che insegna in Italia a un arabo a giocare a tennistavolo è un bell'esempio di multiculturalità. Lo sport parla qualsiasi lingua ed è un potentissimo strumento di unione».