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Matteo Quarantelli seminario tecnico Lignano Sabbiadoro 3 4 gennaio 2019La giornata inaugurale del Trofeo Transalpino a Lignano Sabbiadoro si è chiusa all’insegna della prima parte di un seminario per dirigenti e tecnici, che ha coinvolto, in veste di relatori, Matteo Quarantelli, direttore tecnico dell’attività femminile e giovanile, e lo sloveno Joze Urh, appena tornato a collaborare con la FITeT, per occuparsi dello sviluppo del settore femminile.

«Lo svolgimento il 3 gennaio di un seminario che apre l’anno solare - ha esordito Quarantelli - deve essere l’indicatore di una nuova tendenza che dovrebbe caratterizzare l’intero 2019, rivolta alla promozione di un cambiamento sostanziale che coinvolga maggiormente le persone, per farle partecipare e svolgere le proprie attività all’interno del nostro mondo con uno spirito e prospettive leggermente diverse. Andare a studiare ciò che accade nei grandi Paesi del tennistavolo può essere per noi un’interessante chiave di lettura e il punto da cui partire per portare almeno in parte qualche insegnamento all’interno della nostra realtà. Il nostro sport in questi anni ha subìto un’evoluzione e un’accelerazione attraverso le politiche portate avanti dalla Federazione Internazionale, che ha decisamente modificato alcune sue strategie, non rappresentate solo dal marketing, ma anche dall’organizzazione degli eventi sportivi e da una serie di scelte ben precise. Qualche mese fa è stato presentato un Piano Strategico molto ambizioso, che nel giro di pochi anni modificherà completamente la realtà internazionale dello sport che oggi conosciamo. Parallelamente anche la FITeT deve darsi un suo Piano di crescita e di sviluppo e questo diventa possibile se siamo in grado d’immaginare un percorso che abbia dei punti di riferimento abbastanza certi. Lo sport è cambiato e negli anni in Italia verrà richiesto alle Federazioni sportive di coniugare la ricerca del risultato di alto livello con altre politiche che abbiano un carattere più sociale e una significatività in termini di corretti stili di vita, piuttosto che politiche rivolte alla salute dei cittadini. In quest’ottica quest’anno il Consiglio Federale ha adottato una serie di provvedimenti che vanno nella direzione di ricercare dei cambiamenti. Il primo profilo strategico che è stato individuato è quello della formazione, dell’aggiornamento e del coinvolgimento dei praticanti. Ecco dunque che diventa importante partire da quello che è lo scenario del nostro sport, non solo su scala nazionale, ma anche e soprattutto mondiale».

Quarantelli si è poi addentrato nell’analisi di una ripartizione geografica che emerge dai ranking mondiali appena pubblicati per il mese di gennaio 2019. Attualmente sono in classifica assoluta 2.246 atleti, suddivisi fra 1.182 uomini e 964 donne. A fare la parte del leone sono l’Asia e l’Europa. La presenza nel ranking significa partecipazione all'attività internazionale e frequentazione delle competizioni principali. Il tennistavolo è uno sport veramente globale, perché ben 47 Paesi hanno almeno un atleta nei primi 100 al mondo.

Prendendo in esame le prime 15 nazioni con il maggior numero di presenze nel ranking Ittf, in testa c’è la Cina con 123 fra uomini e donne, seguita dalla Corea con 108 e dal Giappone con 95. La Nigeria è ben posizionata con 74, così come la Russia con 71. Nei primi 100 guida con 26 pongisti il Giappone, che precede la Cina con 24. L’Italia è al 16° posto con due atleti e altrettante atlete.

La stessa analisi è stata condotta per i ranking Under 18 e Under 15, nei quali il Sud America assume una maggiore rilevanza rispetto agli assoluti. Gli Under 15 in classifica sono 1.671, un numero che dà l’idea di quanti siano i ragazzini che nel mondo praticano a tempo pieno la nostra disciplina, in modo professionistico. Molti di loro, soprattutto nel settore femminile, fanno già parte degli organici delle Nazionali assolute. «Comprendiamo in questi termini - ha chiarito Quarantelli - quale sia stata la spinta che il tennistavolo ha avuto in questi anni. Il prendere spunto da questi dati può essere d’ispirazione, per conoscere meglio la pratica dello sport più evoluto e supportarci se abbiamo l’ambizione di portare qualche giovane a seguire una strada che lo accompagni verso l’alto livello. Conoscere il massimo traguardo di un percorso sportivo, in altri termini, può aiutarci a mettere in campo dei progetti per cercare d’individuare coloro i quali domani potremmo ritrovare nelle classifiche che abbiamo preso in esame. Identificare dei ragazzi in grado di eccellere potrebbe anche essere di stimolo alla crescita del valore medio del nostro movimento complessivo. Diventa anche la possibilità di coinvolgere allenatori che possano spendersi per far crescere i nostri ragazzi, in un mondo che ha le caratteristiche che abbiamo prospettato».

Joze Urh seminario tecnico Lignano Sabbiadoro 3 4 gennaio 2019Ha poi preso la parola Joze Urh, che ha ricordato i suoi precedenti due trascorsi in Italia, a Parma per 12 anni e poi per altre cinque stagioni alla guida della Nazionale allievi. «Sono stato molto fortunato - ha affermato - perché ovunque sia andato è uscito qualche ragazzo bravo. A Parma ho avuto Mattia Crotti, quando sono tornato in Slovenia, all’asilo mio figlio è diventato amico di Darko Jorgic, che poi ha iniziato a giocare a tennistavolo con lui. Nella vita bisogna anche avere la buona sorte dalla propria parte, però è necessaria anche la capacità di sfruttarla. Bisogna studiare ed essere informati, dai piccoli particolari alle cose più importanti. I tecnici delle Nazionali e quelli delle società hanno dei compiti che non sono confrontabili. Un bravo allenatore della Nazionale non esiste se alle spalle non ha dei bravi coach che lavorino nei club. In Slovenia ho preso Jorgic e Deni Kozul e uno in quattro anni e l’altro in cinque li ho portati dalla medaglia europea allievi a quella a squadre senior. Mi piace raccontarlo, perché è un buon esempio. Non tutti hanno Jorgic o lo svedese Moregard o il romeno Pletea, ma quando capita bisogna approfittarne per ottenere il massimo».

Il tennistavolo è stato interessato da grandi cambiamenti: «La variazione delle palline ha avuto delle conseguenze enormi e l’accorciamento dei set dai 21 punti agli 11 ha aumentato grandemente lo stress. Con le attuali palline in plastica si perde almeno il 30% dell’effetto, perché non c’è lo stesso attrito rispetto alla precedente celluloide, e bisogna essere pronti ad adattarsi a ciò che accade. Per quanto mi riguarda, non ho più il tempo di arrabbiarmi e di fare le guerre, preferisco trovare le soluzioni. La diminuzione dell’effetto ha penalizzato molto i giocatori più tecnici e i più scarsi si sono avvicinati ai più forti. Il gioco si è semplificato e si sono appiattite le differenze».

Urh è poi entrato nel merito delle metodiche di allenamento: «Ho imparato che nel corso delle sessioni bisogna costringere gli atleti a essere sempre attivi. Un altro aspetto importante riguarda il tempo, che deve essere sfruttato al massimo e non aumentato. Non serve a nulla allungare la seduta da un’ora e mezza e due ore se quell’ora e mezza non è stata intensa. Con Jorgic non ho mai svolto un allenamento superiore a un’ora e mezza di tennistavolo puro. Quando vinse la medaglia europea fra i cadetti giocava quattro volte alla settimana. Con lui, però, non c’era mai una pausa. Incrementare continuamente le durate porta i ragazzini a essere stufi dello sport. Devono essere stanchi e soddisfatti dopo 45-50 minuti di allenamento. Se sono stanchi perché hanno perso tempo, quegli esercizi non saranno mai loro utili quando dovranno giocare in partita. Il tempo è limitato e va utilizzato al meglio. L’unica cosa che nel tennistavolo conta sono i colpi di qualità tirati in sequenza. Due colpi buoni e uno scarso non servono a nulla, perché in gara l’avversario ci farà pagare il colpo scarso, facendocelo giocare in continuazione. I tecnici devono essere bravi a trasmettere questi messaggi ai loro allievi e io sono stato attento su questi aspetti».

Un altro dei credo del tecnico sloveno è che «il programma di allenamento va adattato alla condizione quotidiana dell’atleta, che non è uguale tutti i giorni. Per questo non scrivo mai gli allenamenti prima e solo quando vedo in quale stato d’animo sia il ragazzo capisco quale sia l’esercizio giusto per quella giornata. Intendiamoci, so quale sia l’obiettivo della stagione per un giocatore, ma il modo in cui ci arrivo cambia a seconda delle situazioni che riscontro guardandolo. Seguendo questo comportamento ho sempre ottenuto dei risultati. Sono anche convinto che gli allenamenti non possano sempre essere gli stessi, perché alla lunga diventano noiosi. Invece devono essere divertenti e l’atmosfera in palestra deve essere allegra. Oltre a ciò, gli esercizi su cui insistere devono venire fuori dalle analisi delle partite giocate. Al termine di ogni gara chiedo ai miei atleti di esaminare ciò che li ha messi più in difficoltà e quale colpo invece abbia consentito loro di conquistare più punti. Quelli sono i particolari da allenare maggiormente, per un vero o per l’altro». 

Urh ultimamente è stato in Giappone e ha potuto entrare in contatto con quel mondo pongisticamente all’avanguardia: «Al World Cadet Challenge ero il responsabile della squadra europea e ho avuto la fortuna di vedere come sia la situazione laggiù. Ho anche svolto un training camp con il coach della Nazionale femminile Watanabe e lui mi ha spiegato il sistema giapponese. Loro iniziano a giocare già a tre anni. Mi ha impressionato la loro educazione, la pulizia e il rispetto per l’avversario. Si allenano solo al pomeriggio, dalle 15,30 alle 19,30, e contemporaneamente portano avanti una politica di educazione all’alimentazione. Durante i raduni gli atleti sono anche costretti a cucinare in modo sano. I nipponici privilegiano molto il Team Building, per rafforzare lo spirito di squadra. Nonostante tutto, i cinesi sono ancora superiori, perché hanno numeri enormi su cui contare e poi scelgono gli elementi più dotati fisicamente. Quando le partite si allungano, la prestanza fa la differenza».

L’ultima parte della serata è stata dedicata alle domande rivolte a Urh dai tecnici e dai dirigenti presenti. Ci si è poi dati appuntamento alla sera successiva, per un secondo atto del seminario che ha permesso di approfondire determinati aspetti.