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Gianni Bruttomesso e Andrea BorgatoLa FITeT piange la scomparsa di Gianni Bruttomesso, una grande perdita per il nostro movimento. Gianni, oltreché giocatore, è stato tecnico dell'H81 Vicenza, seguendo in particolare il percorso di crescita pongistica di Andrea Borgato, che sotto la sua guida, ha raggiunto i più importanti risultati della carriera (la foto li ritrae insieme, mentre festeggiano, davanti a una torta, il bronzo conquistato da Andrea in singolare di classe 1 ai Campionati Mondiali di Pechino del 2014).

Uomo di sport di grande umanità ed estrema sensibilità, era capace di trovare sempre la parola giusta per tutti. Lo vogliamo ricordare con il suo candido sorriso e con il SUONO DEI SUOI VIOLINI.

Infatti la sua altra grande passione, oltre al ping pong, nel quale  era stato alle Paralimpiadi del 1984 in Inghilterra, del 1988 a Seul e del 1992 a Barcellona, vincendo due medaglie di bronzo con la squadra del Belgio (aveva la doppia cittadinanza), è stata la liuteria. Costruire violini e viole gli aveva consentito di sfruttare le abilità manuali apprese da giovane in falegnameria. Aveva iniziato in età adulta in Belgio, dove si era trasferito con la famiglia all'età di nove anni per seguire il papà che aveva trovato lavoro in miniera. Era entrato nella bottega di un liutaio e aveva approfondito l'arte studiando sui libri da autodidatta. Bruttomesso all'età di 27 anni, a causa di un brutto incidente in moto a Vicenza, aveva perso l'uso delle gambe.

«Gianni - racconta Borgato - mi ha accompagnato per dieci anni fino alle Paralimpiadi di Rio e mi ha insegnato tutto. Da lui ho appreso un modo di giocare molto attento e intelligente e grazie a lui ho iniziato quasi da subito a ottenere dei risultati. Nell'insegnamento della tecnica era fantastico, sapeva spiegare i movimenti da compiere con il braccio nei minimi dettagli, era dotato anche di una grandissima pazienza. Con lui ho condiviso moltissime esperienze, mi ha accompagnato a parecchi tornei, in Ungheria e a Lasko, dove in coppia con il coreano Li Chang-Ho ho conquistato nel 2009 il bronzo in team, la mia prima medaglia a livello internazionale. Per un lungo periodo è anche venuto a casa mia ad allenarmi e poi rimanevamo insieme a cena. Era proprio una persona di famiglia. Ci eravamo incontrati per la prima volta, perché avevo chiesto informazioni per giocare a tennistavolo a un'associazione di Rovigo, che mi aveva indirizzato a un torneo in programma a Verona. Sono andato e ho conosciuto Michela Brunelli, Valeria Zorzetto e, appunto, Gianni, che si è reso subito disponibile a seguirmi, dicendomi di andare a Vicenza. È iniziata così. In quell'anno abbiamo cominciato insieme io e Alvise De Vidi, che veniva dai trionfi dell'atletica leggera. Siamo cresciuti insieme ed è stato utile avere un compagno di pari livello. Eravamo di stimolo l'uno per l'altro. Era bello lavorare noi tre e Gianni ci allenava con passione. Alvise è anche diventato campione italiano. Se ho vinto medaglie, ho scalato classifiche e ho partecipato già alle Paralimpiadi di Londra nel 2012 lo devo a Gianni e alla sua impostazione tattica, che mi ha permesso di aggiudicarmi match contro atleti più esperti di me, più forti fisicamente e più preparati nel gioco veloce. Ci siamo dati molto l'un l'altro, ma quello in debito sono io».