Banner MINI bando Over65 B 3

Pimpanti signorine impegnate dalle prime luci del mattino hanno “aperto” al Palatennistavolo di Terni la seconda giornata durante la quale il piano delle attività giunge a pieno regime.
Vi raccontiamo come viene distribuita l’attività nel corso del due sedute giornaliere e quale logica anima le scelte dei tecnici dello staff federale.
Ognuna delle sessioni viene avviata con circa 30’ minuti di impegno motorio: il target è rappresentato da una buona sollecitazione delle abilità coordinative ed in misura più contenuta dell’efficienza fisica.
Vengono privilegiate esercitazioni dinamiche piuttosto che altre più statiche anche nelle fasi dedicate alla mobilità articolare ed alla flessibilità.
Buona attenzione viene riconosciuta anche a situazioni di gioco collettivo, che seppur meno correlate con la prestazione pongistica, possono facilitare la “presa di informazione” e l’orientamento spazio-temporale.
Nei successivi 90’ il tennistavolo diviene protagonista: durante la seduta antimeridiana vengono utilizzate prevalentemente esercitazioni regolari dedicate all’utilizzo dei colpi in situazioni standard senza elementi di variabilità dei parametri di circolazione della pallina (direzione, velocità, rotazione, piazzamento, traiettoria, tempo).
In occasione della seduta pomeridiana il lavoro è orientato a scoprire la logica del match attraverso la riproduzione di situazioni di graduale incertezza con introduzione di una certa variabilità di velocità, rotazione, piazzamento della pallina.

Questa struttura organizzativa è esito di un confronto e di scelte conseguenti che i tecnici hanno assunto.
In questa ulteriore tappa della stagione 2011/2012 essi nuovamente si trovano impegnati a cercare le “strade per far imparare”.
Un impegno che richiede di spogliarsi della veste di allenatori per assumere quella più consona ma di maggiore responsabilità, di insegnanti.

Lavorare sugli apprendimenti infatti è la principale finalità del Campus.
E, dobbiamo ricordarlo, ciò significa scegliere una strategia assai diversa da quella che deve invece prevedere l’allenamento sportivo.
Lavorare per sollecitare le strutture mentali, cognitive, motorie (Appunto quelle che favoriscono quei collegamenti neurali che poi vengono riconosciuti come apprendimenti) presuppone infatti riconoscersi obiettivi  non di risultato ma di processo.
Infatti il traguardo da raggiungere non è definibile soltanto come un compito preciso in una situazione definita (proprio dell’allenamento sportivo, in cui si cerca un risultato attraverso una prestazione).
Risiede invece nella capacità di riconoscere e selezionare gli stimoli (visivi, uditivi, propriocettivi, tattili, in particolare), produrre delle risposte motorie adeguate, risolvere dei problemi motorie e cognitivi.

Al contrario allenare significa identificare con certezza la soluzione dei problemi ed usare la ripetizione, anche stereotipata, di esercitazioni proprio per rendere sempre più efficiente ed efficace tale risposta. Di fatto l’allenatore deve pre-occuparsi del “come” viene seguito un compito in una situazione.

Diversamente I tecnici-insegnanti che si occupano di soggetti che imparano, si trovano a scegliere il “che cosa” (l’esercizio, la situazione di gioco) che deve sollecitare una risposta che il giovane praticante deve trovare: quindi provano a creare delle “difficoltà”, utilizzando esercitazioni che richiedano il riconoscimento

•    della velocità,
•    della rotazione,
•    del piazzamento e profondità della pallina,
•    del tempo di impatto.

Debbono far “sentire” le parti del corpo che si muovono nello spazio e per “un tempo”.

Per esempio se la mobilità, lo spostamento del corpo, rappresentano un requisito indispensabile per produrre azioni precise durante la pratica del tennistavolo, diviene indispensabile, prima di allenare “i passi” (obiettivo di prodotto), conoscere, riconoscere e riprodurre:
•    l’appoggio e la spinta dei piedi, per avanti-dietro-laterale;
•    la gestione della distribuzione del peso corporeo in differenti situazioni (su un unico piede, su entrambi i piedi, nella stazione eretta, con il busto inclinato avanti);
•    il movimento della parte superiore del corpo in relazione alle caratteristiche della base di appoggio in funzione al mantenere oppure perdere l’equilibrio;
•    l’azione di rotazione del corpo (spalle, anche, piedi in particolare) per produrre azioni sulla pallina che abbiano una direzione dietro-avanti.

Questi obiettivi di sollecitazione dei processi motori e cognitivi debbono essere perseguiti utilizzando il continuo abbinamento di esercitazioni motorie e specifiche.
Le situazioni che prevedono confronto, gioco possono ulteriormente richiamare l’attenzione dei ragazzi. Ecco quindi che si propongono fasi di gioco (anche dei set) inedite, che richiedono di praticare, per esempio:

•    mantenendo la stazione eretta su un arto inferiore soltanto,
•    impugnando la racchetta con la mano contro laterale,
•    mantenendo la stazione seduta,
•    impugnando la racchetta in modo inusuale.

L’esito, la riuscita viene generata non dagli interventi verbali dei tecnici ma dagli effetti che l’esercitazione oppure la situazione di gioco produce.
Se l’esercitazione produce effetti non coerenti con l’obiettivo, non si raggiunge lo scopo prefissato.

In allegato potete cogliere alcune istantanee di queste belle giornate del Campus.